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Premessa – La Fondazione Studi dei CdL, con la circolare n. 12/2013, ha fornito un’attenta analisi dell'accordo di prepensionamento secondo il contesto normativo attuale (art. 4 L. n. 92/12), al fine di potenziare la possibilità d'uscita anticipata dal lavoro del lavoratore vicino al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento. In particolare il documento, passando in rassegna sia la normativa che le circolari amministrative via via emanate, ripercorre il contesto normativo nel quale calare la normativa de qua, per analizzare poi la struttura dell’accordo, l'ambito di applicazione e oggetto, la procedura amministrativa da seguire e gli effetti della procedura sull’accordo. La circolare si chiude con un'analisi di convenienza economica. In particolare, con riferimento a quest’ultimo punto, viene fornita una tipica analisi costi benefici, nella quale si mette a confronto il costo che il datore di lavoro dovrà sostenere (per la durata massima di 4 anni) per garantire, sostanzialmente, la “provvista” necessaria alla materiale attuazione dell’accordo, con il costo del lavoro da sostenere, qualora si decidesse di mantenere in servizio il personale in esubero.
Le tipologie di prepensionamento - Innanzitutto, gli esperti delle Fondazione Studi CdL illustrano le tre tipologie di prepensionamenti. La prima fattispecie, disciplinata dal c. 1 dell’art. 4 della L. n. 92/2012, contempla un accordo stipulato tra il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello aziendale. La condizione costitutiva della cessazione del rapporto di lavoro è rappresentata, però, dalla successiva adesione del lavoratore all’accordo medesimo. La seconda fattispecie, introdotta dall’art. 34, c, 54, lett. b) e c) della L. n. 221/2012, contempla la possibilità di un accordo di prepensionamento nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo ex artt. 4 e 24 della Legge n. 223 del 1991. L’accordo deve essere stipulato tra il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali aziendali. Infine, la terza fattispecie introdotta dall’art. 34, c. 54, lettere b) e c), della L. n. 221/2012, contempla i processi di riduzione del personale dirigente. Tale fattispecie è in tutto e per tutto analoga alla prima fattispecie con l’unica differenza che l’associazione sindacale legittimata a stipulare l’accordo è quella “stipulante il contratto collettivo di lavoro della categoria” a prescindere dalla rappresentatività della stessa presso il datore di lavoro coinvolto.
Convenienza economica – Come precisato in premessa, i CdL hanno fornito utili indicazioni di convenienza economica all’imprenditore che deve decidere se procedere alla stipula dell’accordo di prepensionamento anticipato di cui all’art. 4, della Legge 92/2012. In pratica, si mette a confronto il costo che il datore di lavoro dovrà sostenere (per la durata massima di 4 anni) per garantire, sostanzialmente, la “provvista” necessaria alla materiale attuazione dell’accordo, con il costo del lavoro da sostenere, qualora si decidesse di mantenere in servizio il personale in esubero. A termine dei dovuti calcoli, si è giunti alla conclusione che il beneficio che l’azienda può trarre dall’accordo di prepensionamento dipende essenzialmente dai seguenti fattori: l’importo della retribuzione al momento della cessazione del rapporto di lavoro e l’importo della prestazione che spetta al lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro. È evidente che a parità di trattamento retributivo in essere, tanto più basso è l’importo della prestazione calcolata al momento della cessazione del rapporto di lavoro, tanto più sarà profittevole per l’azienda aderire ad un accordo di prepensionamento.
Vantaggi per l’azienda e il lavoratore – Infine, la circolare sottolinea i vantaggi sia dell’azienda che dei lavoratori. In particolare, il vantaggio dei primi deriva dalla differenza tra l’ammontare del costo del lavoro da sostenere in caso di continuazione del rapporto di lavoro e l’ammontare dei costi relativi all’attuazione dell’accordo. Ciò perché l’importo della prestazione sconta quasi sempre una penalizzazione rispetto all’ultima retribuzione e perché con la cessazione del rapporto di lavoro viene meno l’obbligo di riconoscere al lavoratore determinate voci di costo che concorrono alla struttura complessiva del costo del lavoro: TFR, premi assicurativi, valore delle ferie e valore dei permessi. Il lavoratore, dal canto suo, ha invece la possibilità di accedere alla pensione quattro anni prima della data canonica. Egli, infatti, riceve la prestazione, dall’INPS, calcolata come se avesse potuto accedere al trattamento pensionistico alla data di cessazione del rapporto di lavoro ed in aggiunta riceverà anche l’accredito della contribuzione figurativa che sarà computata nel calcolo della pensione definitiva al momento del raggiungimento dei requisiti per l’accesso alla pensione definitiva.