In concomitanza con l’entrata in vigore de Decreto Legislativo n. 81/2015, recante la disciplina organica dei contratti di lavoro e la revisione della normativa in tema di mansioni, il 25 giugno scorso la Fondazione Studi CdL ha pubblicato una circolare (la n. 13) con la quale è stato fornito un primo indirizzo interpretativo concentrando l’intervento sulla nuova disciplina delle collaborazioni, delle associazioni in partecipazioni e delle mansioni. Come si è più volte affermato sulle pagine di fiscal-focus.info, la novità che ha fatto maggiormente discutere è la definitiva abrogazione nelle norme che regolavano le collaborazioni coordinate a progetto (artt. da 81 a 69-bis del D.Lgs. n. 276/2003). Come stabilito dall’art. 52 del decreto in commento, l’abolizione è scattata dal 25 giugno 2015 (giorno successivo alla pubblicazione del D.Lgs. n. 81/2015). Mentre restano salve quelle già in essere alla suddetta data fino alla loro naturale scadenza.
Sul punto, i CdL tengono a precisare che per i co.co.pro è comunque consentita la proroga, se funzionale alla realizzazione del progetto, tale da estendere il contratto anche oltre il 25 giugno 2015. In alternativa, si potrà concludere il contratto a progetto in scadenza per poi stipulare, con il medesimo lavoratore, un nuovo contratto di co.co.co. come consentito dalle nuove regole.
Attenzione. In quest’ultimo caso, bisogna stare particolarmente attenti a quanto indicato nell’art. 2, co. 1 del D.Lgs. n. 81/2015 (oltre a quelli dell’art. 2094 c.c.), per non incorrere nell’applicazione del lavoro subordinato. Infatti, qualora il contratto a progetto o il nuovo contratto co.co.co. stipulato nel 2015, si estendesse anche oltre il 1° gennaio 2016, e il rapporto di lavoro si concretizzi in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, scatta la riconduzione alla disciplina del lavoro subordinato. A tal proposito, secondo i CdL gli indici del meccanismo di presunzione devono essere tutti presenti affinché si verifichi la riconduzione al lavoro subordinato.
Tuttavia, esistono dei casi di esclusione dalla nuova disciplina delle collaborazioni che per le loro caratteristiche risultano estranee alla organizzazione aziendale. In particolare, stiamo parlando:
• delle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi stipulati dalle confederazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore. Secondo i CdL, tale disposizione sembra assumere anche carattere ricognitivo qualora siano già presenti contratti collettivi che abbiano le caratteristiche richieste dalla disposizione;
• delle collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali (dunque le professioni ordinistiche);
• delle attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
• delle prestazioni di lavoro rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I. come individuati e disciplinati dall’articolo 90 della Legge 27 dicembre 2002, n. 289.
In tali casi, le parti del rapporto potranno richiedere alle commissioni di certificazione (art. 76 D.Lgs. n. 276/2003) che venga certificata l’assenza dei requisiti visti pocanzi che fanno scattare l’applicazione del rapporto di lavoro subordinato. In questo modo, si applicheranno gli effetti tipici della certificazione, tra i quali l’impossibilità per i terzi (Enti) di contestare direttamente la qualificazione del rapporto.
A tal fine, è utile precisare che il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.
Altro caso di esenzione, piuttosto temporaneo, riguarda le Pubbliche Amministrazioni, le quali, fino al completamento della riforma del lavoro pubblico, potranno continuare a godere della vecchia disciplina sui co.co.co. In compenso, però, a partire dal 1° gennaio 2017 è stato previsto un divieto di utilizzo delle collaborazioni coordinate e continuative da parte di tutte le PA.
Estremamente interessante risulta anche la novità che permette ai committenti/datori di lavoro privati di poter stabilizzare le pregresse collaborazioni coordinate continuative prive dei requisiti, assumendo il collaboratore con un contratto a tempo indeterminato, in modo tale da evitare qualsivoglia sanzione per l’errata qualificazione della natura del contratto. La sanatoria, operativa dal 1° gennaio 2016, riguarda sia soggetti già titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (con o senza progetto) sia soggetti titolari di partita Iva con cui i rapporti di collaborazione siano stati intrattenuti a norma dell’art. 69-bis del D.Lgs. n. 276/2003, ora abrogato. La conseguenza è l’estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali, connessi all'erronea qualificazione del rapporto di lavoro pregresso, fatti salvi gli illeciti già accertati a seguito di accessi ispettivi effettuati in data precedente l’assunzione.
Tuttavia, esistono delle condizioni specifiche affinché i lavoratori possano essere “sanati”. In particolare, è necessario che:
• i lavoratori sottoscrivano, con riferimento a tutte le possibili pretese riguardanti la qualificazione del pregresso rapporto di lavoro, appositi atti di conciliazione in una delle sedi protette, di conciliazione o certificazione (articolo 2113, comma 4, del Codice civile, e all’art. 76 del D.Lgs. n. 276/2003);
• nei 12 mesi successivi alle assunzioni i datori di lavoro non recedano dal rapporto di lavoro, salvo che per giusta causa ovvero per giustificato motivo soggettivo.
Superamento associazione in partecipazione – Altro istituto abrogato ai sensi dell’art. 53 del D.Lgs. n. 81/2015, è l’associazione in partecipazione con apporto di lavoro. In tal caso, se l’associato è una persona fisica il suo apporto “non può consistere, nemmeno in parte, in una prestazione di lavoro”. Dunque in base alla nuova disciplina sono vietati i contratti di associazione in partecipazione nei quali l’apporto dell’associato persona fisica consiste, in tutto o in parte, in una prestazione di lavoro, mentre quelli già in essere rimangono in vigore “fino alla loro cessazione”.
Dunque, in considerazione del fatto che la norma fa riferimento alle “persone fisiche”, continuano ad avere efficacia le associazioni in partecipazione con apporto di lavoro laddove l’associato è rappresentato da un soggetto societario.