10 luglio 2012

Settore edile. Le linee guida per scovare i finti autonomi

Il Ministero del Lavoro detta le istruzioni operative per verificare la genuinità dei lavoratori autonomi nel settore edile
Autore: Redazione Fiscal Focus

Premessa – Di recente si stanno diffondendo sempre più lavoratori autonomi, formalmente riconducibili alla tipologia contrattuale di cui all’art. 2222 c.c., che però all’atto pratico operano come veri e propri dipendenti. È anche il caso del settore edile. Infatti, l’attività di vigilanza ha riscontrato l’utilizzo improprio di “sedicenti” lavoratori autonomi, che operano in cantieri inseriti nel ciclo produttivo delle imprese esecutrici dei lavoro, svolgendo sostanzialmente la medesima attività del personale dipendente delle imprese stesse. A confermare tale fenomeno sono l’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) e l’ISTAT, che per l’anno 2011 stima la suddetta platea in 1.039.000 lavoratori (addirittura superiori ai lavoratori subordinati stessi 986.000). Per far fronte a tale situazione, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la circolare n. 16 del 4 luglio 2012, ha pensato bene di fornire alcune indicazioni al personale di vigilanza volte a verificare la genuinità delle prestazioni qualificate come autonome.

L’inconciliabilità – Innanzitutto il M.L.P.S. chiarisce che per lavoratore autonomo si intende quella persona fisica che porta a termine la propria opera senza vincolo di subordinazione. Pertanto, è assolutamente inconciliabile la presenza, in capo allo stesso soggetto, di una qualifica di lavoratore dipendente.

La verifica – Affinché un lavoratore sia inquadrato in maniera autonoma è necessario verificare il possesso e la disponibilità di una consistente dotazione strumentale, rappresentata da macchine e attrezzature, da cui sia possibile evincere una effettiva, piena ed autonoma capacità organizzativa e realizzativa delle intere opere da eseguire. Al contrario, non è rilevante il possesso di attrezzature piccole (secchi, pale, picconi, martelli, carriole, ecc.) inidonea a dimostrare l’esistenza di un’autonoma attività imprenditoriale né la disponibilità delle macchine o attrezzature specifiche per la realizzazione dei lavoro data dall’impresa esecutrice o addirittura dal committente.

La monocommittenza – Altro elemento importante, ma non decisivo, per stabilire l’insussistenza di un’attività autonoma è il riscontro di un’eventuale monocommittenza, in quanto caratterizzato da operazioni temporalmente limitate.

L’organizzazione aziendale
– Inoltre, il Ministero del Lavoro precisa che almeno sul piano delle “presunzioni”, qualora non emergano fenomeni di conclamata sussistenza di un’effettiva organizzazione aziendale - rappresentata da significativi capitali investiti in attrezzature e dotazioni strumentali e non vi sia nemmeno un’inequivocabile situazione di pluricommittenza - il personale ispettivo è tenuto a ricondurre nell’ambito della nozione di subordinazione, nei confronti del reale beneficiario delle stesse, le prestazioni dei lavoratori autonomi iscritti nel Registro delle Imprese o all'Albo delle imprese artigiane adibiti alle seguenti attività: manovalanza; muratura; carpenteria; rimozione amianto; posizionamento di ferri e ponti; addetti a macchine edili fornite dall’impresa committente o appaltatore.

I provvedimenti sanzionatori
– Quanto ai provvedimenti sanzionatori da irrogare, la circolare conclude sottolineando che, in tutti i casi di disconoscimento della natura autonoma delle prestazioni, il personale ispettivo dovrà contestare al soggetto utilizzatore, oltre che le violazioni di natura lavoristica connesse alla riconduzione delle prestazioni al lavoro subordinato e le conseguenti evasioni contributive, anche quegli illeciti riscontrabili in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro in materia di sorveglianza sanitaria e di mancata formazione e informazione dei lavoratori adottando apposito provvedimento di prescrizione obbligatoria ai sensi del D.Lgs n. 758/1994.

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