Premessa – Il limite del trattamento economico a carico delle P.A. potrebbe ledere il principio di uguaglianza. Ad affermarlo è la Fondazione Studi CdL con la circolare 8/2014, avanzando un concreto dubbio circa l’incostituzionalità della norma contenuta nella Legge di Stabilità 2014 (art. 1, c. 489). Nella fattispecie infatti si pone un tetto massimo invalicabile ai trattamenti economici dei pubblici dipendenti in considerazione anche dell’ammontare dei trattamenti pensionistici percepiti, che, se superato, determina una idonea riduzione degli stessi.
Tetto degli stipendi pubblici – La Legge di Stabilità (L. n. 147/2013) all’art. 1, c. 489 prevede che i titolari di trattamenti pensionistici “erogati da gestioni previdenziali pubbliche” non possono ricevere trattamenti economici che sommati alle pensioni in pagamento superino l’importo di 311.658,53 euro (computando tutti i corrispettivi fissi e accessori che traggono origine sia da rapporto di lavoro subordinato che autonomo). Il nuovo tetto economico si applica anche alle amministrazioni pubbliche che concorrono a formare il conto economico consolidato dello Stato e a quegli enti pubblici produttori di servizi economici che concorrono alla formazione del conto economico consolidato dello Stato. Il lavoratore quindi, all’atto dell’assunzione di un nuovo incarico, oltre ai chiariti obblighi di dichiarazione verso il nuovo committente, deve fornire le comunicazioni inerenti agli aspetti dell’intervenuto incarico alle altre amministrazioni. Ai fini della verifica del raggiungimento del limite di 311.658,53 euro, i trattamenti economici di lavoro devono essere considerati in ragione del criterio di competenza (ad accezione della retribuzione di risultato che segue il criterio di cassa), mentre i trattamenti pensionistici in ragione del criterio di cassa. In caso di superamento del suddetto limite la relativa riduzione dovrà essere operata dall’amministrazione che eroga il trattamento economico e non da quella che eroga il trattamento pensionistico.
Dubbio di incostituzionalità – Ciò detto, gli esperti della Fondazione Studi pongono il dubbio dell’incostituzionalità della norma, basandosi anche su alcuni precedenti quali il contributo di solidarietà sui trattamenti economici della P.A. (art. 9, c. 2 del D.L. n. 78/2010) e il contributo di solidarietà sulle pensioni (art. 18, c. 22-bis del D.L. n. 98/2011). Sul punto, in pratica, viene ravvisata la lesione del fondamentale principio di uguaglianza e della sua specificazione in ambito tributario dettato dall’art. 53 della Costituzione, in quanto a beneficio di tutto il Paese nel suo complesso viene operata una riduzione del trattamento economico spettante solo ad alcuni soggetti individuati ancora una volta nei pubblici dipendenti e nei pensionati. Con l’introduzione del tetto economico non si impone direttamente un tributo, ma viene disposto un tetto massimo invalicabile ai trattamenti economici dei pubblici dipendenti in considerazione anche dell’ammontare dei trattamenti pensionistici percepiti che, se superato, determina una idonea riduzione degli stessi. Questo anche in presenza di molteplici incarichi e connessi trattamenti economici. Pertanto, concludono i CdL, viene richiesto un sacrificio a una sola categoria di soggetti con uno strumento non pacificamente qualificabile come tributario.
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