Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con l’Interpello n. 5/2016 in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, ha evidenziato che la normativa concernente il T.U. in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro si applica anche agli infermieri qualora svolgano la propria attività professionale “nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato”, oppure prestino la propria attività per conto di una società, un’associazione o un ente in qualità di soci lavoratori fermo restando il rispetto della normativa giuslavoristica.
Mentre i diritti ed i doveri derivanti dall’art. 21 del D.Lgs. n. 81/2008, quali ad esempio l’obbligo di munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto, si applicano agli infermieri associati esclusivamente se gli stessi prestino la propria attività in autonomia e “senza vincolo di subordinazione” nei confronti del committente o dell’associazione.
I quesiti – La Federazione Nazionale dei Collegi degli Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari e Vigilatrici d’Infanzia (IP.AS.VI.) ha avanzato istanza di interpello per avere maggiori delucidazioni in merito all’applicabilità del D.Lgs. n. 81/2008 (T.U. Sicurezza) agli studi professionali infermieristici. In particolare, è stato chiesto se gli infermieri e gli studi professionali a cui gli infermieri sono associati rientrano rispettivamente nella definizione di “lavoratore” e “datori di lavoro”. Altri quesiti riguardano:
• la possibilità di applicare l’art. 21 del D.Lgs. n. 81/2008, anche agli infermieri;
• la possibilità di far rientrare nel campo di applicazione dell’art. 26 del D.Lgs. n. 81/2008 anche gli infermieri che prestano la loro attività in strutture esterne (RSA e case di cura) e queste strutture esterne sono datori di lavoro.
Definizione di “lavoratore” e “datore di lavoro” – Per rispondere al quesito posto, la Commissione Interpelli parte dalla definizione contenuta nel T.U. Sicurezza di “lavoratore” e “datore di lavoro”.
In particolare, l’art. 2, co. 1, lett. a) del D.Lgs. n. 81/2008 definisce come “lavoratore” la “persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Al lavoratore così definito è equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società e dell'ente stesso; l'associato in partecipazione di cui all'articolo 2549, e seguenti del codice civile […]”.
Mentre la successiva lettera b), del medesimo articolo 2, definisce il “datore di lavoro” come il “soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Nelle Pubbliche Amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo di vertice medesimo”.
Lavoratori autonomi nell’ambito del T.U. Sicurezza – Quanto all’applicazione delle disposizioni in tema di sicurezza per i lavoratori autonomi di cui all’art. 2222 C.c., l’art. 3, co. 11 del D.Lgs. n. 81/2008 limita la loro operatività esclusivamente agli artt. 21 e 26.
L’art. 21 individua, in particolare, i doveri a cui è tenuto il lavoratore autonomo che compie opere o servizi nell’ambito di un contratto d’opera professionale, mentre il successivo articolo 26 pone in capo al datore di lavoro committente specifici obblighi di coordinamento nella gestione dei rischi interferenti “[…] in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi […]”.
Risposta Commissione Interpelli – Detto quanto sopra, la Commissione Interpelli sulla sicurezza ritiene che gli infermieri associati devono essere considerati “lavoratori”, come definiti all’art. 2, co 1 lett. a) del decreto in parola, qualora svolgano la propria attività professionale “nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato”, oppure prestino la propria attività per conto di una società, un’associazione o un ente in qualità di soci lavoratori fermo restando il rispetto della normativa giuslavoristica.
Al contrario, gli infermieri associati dovranno essere considerati assoggettati alla disciplina dettata dall’articolo 21 del D.Lgs. n. 81/2008, qualora gli stessi prestino la propria attività in autonomia e “senza vincolo di subordinazione” nei confronti del committente o dell’associazione.