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Premessa – L’art. 11 del D.L. n. 138/2011, che stabilisce i livelli di tutela essenziali per l’attivazione dei tirocini, è incostituzionale in quanto invade la competenza normativa delle Regioni. In particolare, il c. 1 del decreto legge in commento interviene a stabilire i requisiti che devono essere posseduti dai soggetti che promuovono i tirocini formativi e di orientamento. La seconda parte del medesimo comma, poi, dispone che, fatta eccezione per una serie di categorie ivi indicate, i tirocini formativi e di orientamento non curricolari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere rivolti solo a una determinata platea di beneficiari. In questo modo, però, la legge statale – pur rinviando, nella citata prima parte del c. 1, ai requisiti “preventivamente determinati dalle normative regionali” – interviene comunque in via diretta in una materia che non ha nulla a che vedere con la formazione aziendale. A confermarlo è il comma 2 del censurato art. 11, il quale stabilisce la diretta applicazione – in caso di inerzia delle Regioni – di una normativa statale, ossia l’art. 18 della L. n. 196/1997. A renderlo noto è la Fondazione Studi C.d.L. con la circolare n. 5/2013, illustrando i principi normativi e la giurisprudenza alla base della suddetta sentenza.
La norma incostituzionale – La norma dichiarata incostituzionale riguarda l’art. 11 del D.L. n. 138/2011 (manovra estiva-bis), il cui testo prevede(va) al primo comma che “i tirocini formativi e di orientamento possono essere promossi unicamente da soggetti in possesso degli specifici requisiti preventivamente determinati dalle normative regionali in funzione di idonee garanzie all’espletamento delle iniziative medesime. Fatta eccezione per i disabili, gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti e i condannati ammessi a misure alternative di detenzione, i tirocini formativi e di orientamento non curriculari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere promossi unicamente a favore di neo- diplomati o neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio”. Il secondo comma, invece, prevede(va) che “in assenza di specifiche regolamentazioni regionali trovano applicazione, per quanto compatibili con le disposizioni di cui al comma che precede, l’articolo 18 della legge 24 giugno 1997 n. 196 e il relativo regolamento di attuazione”.
La sentenza – La suddetta norma è stata dichiarata incostituzionale dalla sentenza n. 287/2012, in quanto invade il territorio di competenza normativa residuale (ed esclusiva) delle Regioni. Infatti, la giurisprudenza in tempi recenti ha chiarito che, dopo la riforma costituzionale del 2001, la competenza esclusiva delle Regioni in materia di istruzione e formazione professionale “riguarda la istruzione e la formazione professionale pubbliche che possono essere impartite sia negli istituti scolastici a ciò destinati, sia mediante strutture proprie che le singole Regioni possano approntare in relazione alle peculiarità delle realtà locali, sia in organismi privati con i quali vengano stipulati accordi”. Viceversa, la disciplina della formazione interna – ossia quella formazione che i datori di lavoro offrono in ambito aziendale ai propri dipendenti – di per sé non rientra nella menzionata materia, né in altre di competenza regionale; essa, essendo intimamente connessa con il sinallagma contrattuale, attiene all’ordinamento civile, sicché spetta allo Stato stabilire la relativa normativa.
Conseguenze – La declaratoria di incostituzionalità sancita dalla sentenza in commento è circoscritta all’art. 11 del D.L. n. 138/2011, senza che tali effetti possano ritenersi automaticamente estesi a qualsiasi altra norma. E dunque, da un punto di vista rigorosamente procedurale, l’art. 18 L. n. 196/97 rimane vigente all’interno del nostro sistema di leggi.
Premessa – L’art. 11 del D.L. n. 138/2011, che stabilisce i livelli di tutela essenziali per l’attivazione dei tirocini, è incostituzionale in quanto invade la competenza normativa delle Regioni. In particolare, il c. 1 del decreto legge in commento interviene a stabilire i requisiti che devono essere posseduti dai soggetti che promuovono i tirocini formativi e di orientamento. La seconda parte del medesimo comma, poi, dispone che, fatta eccezione per una serie di categorie ivi indicate, i tirocini formativi e di orientamento non curricolari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere rivolti solo a una determinata platea di beneficiari. In questo modo, però, la legge statale – pur rinviando, nella citata prima parte del c. 1, ai requisiti “preventivamente determinati dalle normative regionali” – interviene comunque in via diretta in una materia che non ha nulla a che vedere con la formazione aziendale. A confermarlo è il comma 2 del censurato art. 11, il quale stabilisce la diretta applicazione – in caso di inerzia delle Regioni – di una normativa statale, ossia l’art. 18 della L. n. 196/1997. A renderlo noto è la Fondazione Studi C.d.L. con la circolare n. 5/2013, illustrando i principi normativi e la giurisprudenza alla base della suddetta sentenza.
La norma incostituzionale – La norma dichiarata incostituzionale riguarda l’art. 11 del D.L. n. 138/2011 (manovra estiva-bis), il cui testo prevede(va) al primo comma che “i tirocini formativi e di orientamento possono essere promossi unicamente da soggetti in possesso degli specifici requisiti preventivamente determinati dalle normative regionali in funzione di idonee garanzie all’espletamento delle iniziative medesime. Fatta eccezione per i disabili, gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti e i condannati ammessi a misure alternative di detenzione, i tirocini formativi e di orientamento non curriculari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere promossi unicamente a favore di neo- diplomati o neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio”. Il secondo comma, invece, prevede(va) che “in assenza di specifiche regolamentazioni regionali trovano applicazione, per quanto compatibili con le disposizioni di cui al comma che precede, l’articolo 18 della legge 24 giugno 1997 n. 196 e il relativo regolamento di attuazione”.
La sentenza – La suddetta norma è stata dichiarata incostituzionale dalla sentenza n. 287/2012, in quanto invade il territorio di competenza normativa residuale (ed esclusiva) delle Regioni. Infatti, la giurisprudenza in tempi recenti ha chiarito che, dopo la riforma costituzionale del 2001, la competenza esclusiva delle Regioni in materia di istruzione e formazione professionale “riguarda la istruzione e la formazione professionale pubbliche che possono essere impartite sia negli istituti scolastici a ciò destinati, sia mediante strutture proprie che le singole Regioni possano approntare in relazione alle peculiarità delle realtà locali, sia in organismi privati con i quali vengano stipulati accordi”. Viceversa, la disciplina della formazione interna – ossia quella formazione che i datori di lavoro offrono in ambito aziendale ai propri dipendenti – di per sé non rientra nella menzionata materia, né in altre di competenza regionale; essa, essendo intimamente connessa con il sinallagma contrattuale, attiene all’ordinamento civile, sicché spetta allo Stato stabilire la relativa normativa.
Conseguenze – La declaratoria di incostituzionalità sancita dalla sentenza in commento è circoscritta all’art. 11 del D.L. n. 138/2011, senza che tali effetti possano ritenersi automaticamente estesi a qualsiasi altra norma. E dunque, da un punto di vista rigorosamente procedurale, l’art. 18 L. n. 196/97 rimane vigente all’interno del nostro sistema di leggi.