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La Cassazione (Sez. V civ., ord. n. 26553/2025 del 2 ottobre) ha chiarito che, per dedurre spese promozionali, il professionista deve dimostrarne l’effettiva destinazione a finalità di rappresentanza e non personali. Non basta l’astratta riconducibilità del bene alla categoria: serve prova concreta dell’inerenza. Il caso riguardava acquisti di opere d’arte, oggetti di pregio e gioielli, imputati a “spese di rappresentanza” da un commercialista. L’Agenzia delle Entrate aveva recuperato a tassazione gli oneri per mancanza di riscontri, e i giudici di merito (CTP Torino e CTR Piemonte) avevano confermato. La Suprema Corte ha respinto il ricorso: il contribuente non ha indicato i destinatari degli omaggi né documentato la funzione promozionale. Principio di diritto: la deducibilità richiede evidenze (documenti, tracciabilità, coerenza con l’attività) che attestino finalità promozionali; in difetto, l’inerenza manca e la spesa resta indeducibile.