Rimani aggiornato!
Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.
Per la stragrande maggioranza degli italiani, il calcio è lo sport più bello del mondo. Ma la bellezza ed imprevedibilità di questo sport deve essere accompagnata dai comportamenti diligenti dei giocatori che devono essere un esempio per tutti, giovani e meno giovani. Gli amanti del calcio stanno vivendo questi ultimi mesi con grande dispiacere, soprattutto nel vedere gli stadi vuoti, senza la presenza dei tifosi. Diventa però difficile capire come, in questi particolari momenti della pandemia da Covid 19, detto coronavirus, i calciatori mantengano comportamenti irresponsabili, come se il virus non esistesse. Un esempio è negli abbracci, baci e ammucchiate varie che si fanno dopo ogni rete. Ammucchiate che si vedono anche ad inizio partita, per fare una mini – riunione di preparazione, o a fine partita per festeggiare un pareggio o una vittoria importante. Tutti sanno che una persona contagiata, anche se è senza i sintomi della malattia, può trasmettere il virus ad altre persone che le stanno vicine. Come si vede, nella vita quotidiana di tutti i giorni, è consigliato l’uso della mascherina, la distanza tra le persone di almeno un metro e tanti altri accorgimenti utili, per evitare di contagiare o essere contagiati dal maledetto virus invisibile. Nelle trasmissioni televisive, di norma, è sempre mantenuta la distanza, e, in diversi casi, si continua a tenere la mascherina, anche in occasione dei commenti o delle interviste di fine gara.
Basta con gli inutili baci e abbracci- Per questo, è difficile capire perché, nonostante il virus sia ancora presente, i calciatori proseguano nelle consuete ammucchiate, con baci e abbracci. Visto il momento, sono cose da evitare anche perché il maledetto virus è sempre in agguato e le squadre lo dovrebbero sapere. Non è tempo di “ammucchiate”. Dopo ogni rete, basterebbe un cinque con la mano. È anche vero che, soprattutto in occasione delle punizioni o calci d’angolo, con l’usanza del cosiddetto “trenino”, sono tanti i calciatori che non mantengono o non possono mantenere la distanza per ovvi motivi. Ma non per questo, si deve alimentare il virus con comportamenti superficiali e incoscienti. Il mondo del calcio è straordinario e va salvaguardato con più responsabilità e buon senso. D’altra parte, la moltiplicazione dei contagiati che si è manifestata negli ultimi mesi è sotto gli occhi di tutti, e alcune squadre hanno avuto più della metà di calciatori positivi al coronavirus. La salute è la cosa più importante della vita e certi comportamenti irresponsabili e superficiali vanno evitati. Per il bene di tutti e per il mondo del calcio.
Passata la pandemia torneranno anche i tifosi - Per chi, come me e come tanti italiani, è da molti mesi che non bacia o abbraccia i figli, i nipoti, i parenti e gli amici, diventa difficile rispondere alla domanda di un bambino che ti chiede come mai i calciatori si baciano e si abbracciano, facendo le ammucchiate, dopo ogni rete segnata, mentre in famiglia questi gesti affettuosi sono evitati. Bisogna avere pazienza e rispetto della salute, perché il virus è sempre in agguato. Appena sarà passata la pandemia ed il coronavirus sarà solo un triste ricordo, ricorderemo con tristezza gli stadi senza tifosi, con le persone che andavano in giro “mascherate” come i banditi, o chiuse in casa a seguito del cosiddetto lock down, cioè delle misure di emergenza che, per ragioni di sicurezza, hanno impedito di uscire da casa, se non per pochi e giustificati motivi.
Il calcio ai tempi del coronavirus- La situazione attuale comporta sacrifici e quelli di evitare baci e abbracci non sono poi grandi sacrifici. La situazione è così irreale che nessuno avrebbe mai immaginato di vivere una situazione di questo tipo, con il calcio senza tifosi allo stadio. Si pensi ad una persona che si sveglia miracolosamente dal coma dopo tanti anni e osserva in televisione cosa succede negli stadi di calcio: giocatori in campo, spettatori assenti. Senza chiedersi il perché, potrebbe facilmente concludere che il calcio, nel passato, ha avuto un notevole successo, che ha comportato la costruzione di impianti capaci di ospitare decine di migliaia di tifosi. Ma poi è andato incontro a una progressiva decadenza fino a diventare uno sport per pochi intimi: di fatto, è sportivamente morto. Ed è quello che è successo con il coronavirus, quando nel mese di maggio del 2020, con le terapie intensive quasi vuote e i numeri del contagio in rapida discesa, la conclusione fu che il virus era clinicamente morto, con conseguenti canti di gioia, balli, festeggiamenti ed estate in libertà. Ma, come si è visto, il virus non era morto. In entrambi i casi, tuttavia, sia per il calcio sia per il coronavirus, la verità è nelle condizioni che hanno generato la situazione illustrata. Gli spettatori non ci sono perché il Covid 19 vieta di andare allo stadio, ma non si sono estinti e sono pronti a tornare appena sarà sconfitto questo maledetto virus. Così, anche i calciatori torneranno ad esultare con baci, abbracci e ammucchiate varie, finalmente senza rischiare nulla.