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Alla ripresa economica continua a mancare un apporto incisivo dei consumi.
È il dato che emerge dall’analisi “La questione dei consumi” condotta dall’Ufficio Studi di Confcommercio e presentata nella conferenza stampa che ha aperto a Roma i lavori della ventiquattresima edizione del Forum “I protagonisti del mercato e gli scenari per gli anni 2000”.
Il potere di acquisto sta crescendo più della spesa reale delle famiglie italiane e, di pari passo, anche la propensione al risparmio, tradotto: gli italiani hanno più risorse ma scelgono di non spendere. Analizzando i dati, la spesa pro capite dei residenti pari a 21mila euro nel 2024, pur essendo in recupero rispetto al 2020, nemmeno nel 2026 tornerà ai livelli del 2007 pari a 21mila 600 euro. Un comportamento, da parte dei consumatori, dovuto anche dal ricordo di decenni di bassa crescita seguite crisi improvvise e di paure legate al boom dell’inflazione del 2022.
Il settore del turismo rappresenta una controtendenza e si conferma una leva fondamentale. Dati alla mano, dal 1990 ad oggi le presenze turistiche nel nostro Paese sono triplicate ed è proprio grazie alla spesa dei turisti stranieri che il trend dei consumi è in crescita.
La debolezza dei consumi è dovuta, inevitabilmente, alle basse dinamiche di redditi e salari, che sono tra i più bassi a livello europeo soprattutto a causa di una produttività del lavoro molto più bassa. Per essere più precisi, considerando il costo della vita, il potere d’acquisto degli stipendi italiani è più basso del 26,5% rispetto a quello tedesco e del 12,2% in relazione a quello francese.
Il quadro delineato spinge Confcommercio a rivedere al ribasso le previsioni di crescita del Pil per il 2025 (+0,8%) e il 2026 (+0,9%). Delle stime dovuta a diversi fattori: l’incertezza legata ai dazi, l’instabilità dei mercati finanziari e il timore di una perdita di ricchezza. Tuttavia, anche se di poco, si tratta di stime più ottimistiche rispetto a quelle delineate dal governo.
In ultima battuta, l’analisi dell’Ufficio Studi si focalizza sui cambiamenti dei modelli di consumo negli ultimi vent’anni, che confermano il fenomeno della “terziarizzazione” dell’economia: rispetto al 2007 in discesa la spesa per alimenti (-408 euro pro capite), abbigliamento (-92 euro) e trasporti (-765 euro). Una tendenza al ribasso dovuta all’invecchiamento della popolazione, ad una maggiore diffusione dei pasti fuori casa e al cambiamento dei modelli di mobilità. In crescita, invece, i settori legati al tempo libero, alla cultura e alle comunicazioni (+361 euro) e alla sanità (+112 euro).