14 febbraio 2024

La settimana lavorativa di 4 giorni? Per qualcuno non è più un sogno

Piccolo ma esaustivo viaggio fra i Paesi dove la settimana corta è già realtà o sta per diventarlo a breve (spoiler: in piccolo, ma c’è anche l’Italia)

Autore: Germano Longo
Quattro giorni di lavoro, altri tre liberi. Il mostruoso sogno proibito di qualsiasi dipendente, dal ragionier Fantozzi in poi, in alcuni Paesi tra i più ricchi al mondo è già realtà o è prossima a diventarlo. Un tema su cui si dibatte da anni, confortato da sondaggi e ricerche secondo cui passare meno tempo in azienda aumenta – nell’ordine - la soddisfazione, la produttività e il senso di appartenenza dei dipendenti.

In Belgio, ad esempio, ovvero il primo Paese UE a rendere facoltativa la settimana lavorativa di 4 giorni senza perdere un euro di stipendio a patto che le 40 ore previste dai contratti non cambino, rendendo però i 4 da passare in ufficio un’eternità. Per il premier belga Alexander de Croo, un cambiamento pensato per rendere più flessibile il mercato del lavoro interno, considerato fra i più rigidi d’Europa.

Molto meglio vanno le cose in Olanda, in assoluto uno dei Paesi al mondo dove si lavora meno a fronte di stipendi di tutto rispetto. La media pro-capite è di 29 ore settimanali, con la formula del part-time molto diffusa, mentre chi lavora a tempo pieno mette in conto 4 soli giorni da immolare e altri 3 ad uso fantasia.

Grandi e instancabili lavoratori, i danesi preferiscono la settimana lavorativa spalmata su 5 giorni per 33 ore settimanali, anche se è alto il numero di quanti scelgono liberamente di optare per i 4 giorni di lavoro. In più, il governo scoraggia le aziende dal richiedere straordinari ai dipendenti per garantire la “work-life balance”, concetto che da quelle parti sfiora la sacralità.

La Germania ha appena avvitato un periodo di sperimentazione della settimana cortissima al netto dello stipendio attraverso 45 aziende sparse in tutto il Paese. A spingere il governo ad accettare a denti stretta la proposta dei sindacati la profonda carenza di mano d’opera che finora è costata 90 miliardi di euro, più del 2% del Pil tedesco.

Un progetto pilota è anche quello varato in Australia, per adesso limitando la possibilità dei 4 giorni ai dipendenti 20 aziende di settori diversi. L’esperimento è noto come “100:80:100”, una formula all’apparenza astrusa ma al contrario assai semplice: il 100% dello stipendio per l’80% delle ore, ma a patto di conservare il 100% della produttività.

In Giappone, dove l’abnegazione verso il lavoro è totale, malgrado il mercato debba vedersela con un invecchiamento della popolazione fra i più alti al mondo (il 20% dei giapponesi ha più di 75 anni), il governo incoraggia le aziende a concedere la settimana lavorativa di 4 giorni pur di scongiurare il fenomeno assai ricorrente del “Karoshi”, tradotto al meglio ‘la morte da superlavoro’.

Secondo le autorità sanitarie portoghesi, i casi di ansia e insonnia fra la popolazione attiva sono diminuiti drasticamente da quando è stata introdotta la settimana lavorativa di 4 giorni. Malgrado questo, il Paese ha superato una crisi profonda, il debito pubblico è in calo progressivo, il Pil in salita verticale e il grado di fiducia dei portoghesi sfiora percentuali stellari. Risultati che hanno spinto i vicini spagnoli a provarci: un investimento di 50 milioni di euro è pronto per coprire tre anni sperimentali in 200 aziende disposte a testare gli effetti della settimana lavorativa limitata a 4 giorni.

Nel 2022, il Regno Unito è stato protagonista del più vasto esperimento mai tentato finora: più di 300 dipendenti di 61 grandi aziende hanno testato per tre mesi la settimana “ultraslim” senza tagli allo stipendio ma conservando le 48 ore settimanali. Oltre al calo del 65% dei congedi per malattia, il 92% delle imprese coinvolte, spinte da un aumento del 15% dei ricavi, ha scelto di adottare la nuova formula, mentre il 39% dei dipendenti ammette di essere meno stressato, il 54% ha trovato salvifico riuscire a conciliare vita privata e lavoro e il 15% ammette che per nessuna cifra tornerebbe all’orario di prima.

In Italia, il primo esperimento risale al 2023, quando il gruppo Intesa Sanpaolo ha varato un nuovo sistema di organizzazione interna su base volontaria: lavoro flessibile fino a 10 giorni all’anno senza limiti mensili, o settimana corta di 4 giorni e 9 ore lavorative a parità di stipendio.
La soluzione del “venerdì breve”, con uscita anticipata, è quella attualmente allo studio di “Lavazza” a cui aggiungere 16 ore di permessi “caregiver” e congedo parentale retribuito di 5 giorni che si aggiungono ai 10 di legge.

Dal 1° dicembre scorso, grazie ad un accordo sindacale, i dipendenti “Luxottica” possono scegliere fra lo smart working o 20 giorni liberi all’anno. Per finire con “Lamborghini”, dove è ogni lavoratore, in base ai turni, può optare fra la settimana di 4 giorni con 33,5 ore settimanali di lavoro o quella tradizionale su 5.
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