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Quando si pensa all’eredità, automaticamente, vengono inclusi immobili, conti bancari, manoscritti e beni preziosi contenuti nella cassaforte. Con il cambiamento tecnologico, però, i confini non sono più così marcati.
Ormai esiste un vero e proprio patrimonio digitale composto da una grande quantità di dati, account, contenuti social, blog, investimenti gestiti online, di cui è importante non dimenticarsi anche perché non esiste una Legislazione che tuteli questi interessi. Pensandoci per tempo, si garantisce la loro protezione anche post mortem rendendo possibile la tutela morale, personale e familiare garantendo, anche, la tranquillità all’erede a non dover incorrere in costose controversie internazionali. Per questi motivi, il Consiglio Nazionale del Notariato ha predisposto un decalogo sull’eredità digitale per fornire risposte a domande preliminari sul tema.
Ecco cosa tenere a mente.
In termini giuridici quando si tratta di eredità virtuale si fa riferimento a tutte le risorse digitali offline e online. Le prime sono file, software e documenti informatici creati e/o acquistati dalla persona defunta, come foto, video, audio, film, documenti di testo, nomi a dominio, siti web e blog. Le seconde, invece, si formano attraverso una serie di account: posta elettronica, e-mail, social network (WhatsApp, IG, X, Facebook e TikTok), finanziari (Binance), e-commerce (Amazon) o pagamenti elettronici (PayPal, Satispay, Revolut, ecc.). Nei beni digitali rientrano anche le criptovalute di solito custodite nei wallet.
Le password sono importanti chiavi virtuali per accedere a un contenuto digitale ed è importante custodirle e aggiornarle, anche se non rientrano tra gli averi informatici. Spesso, infatti, il problema principale è il loro recupero, quando, per esempio, vengono perse o non sono mai state condivise dal defunto. Questo comporta il mancato accesso ai dati se non a seguito di costose controversie anche internazionali.
Affidare la password a qualcuno non significa attribuire, in caso di morte, la risorsa cui essa dà accesso. Per questo è importante fornire istruzioni ben chiare per il loro utilizzo. Eventualmente, è possibile ricorrere a un legato di password: il testatore con attribuzione diretta delle credenziali conferisce al legatario i diritti su quello che le credenziali stesse custodiscono.
Sono esclusi dalla successione i beni digitali piratati, i contenuti concessi in licenza (per esempio quelli per cui si paga un canone come Netflix, Spotify o il pacchetto Office365), posta certificata (es: Aruba, Infocert) e quelli di identità digitale (es: SPID). I dati nella disponibilità del defunto ma che appartengono a terzi, come datori di lavoro o clienti, di regola vanno restituiti.
Un conto online è l’estensione virtuale di un conto reale, quindi, è importante sapere che gli eredi possono reclamare quanto gli spetta attraverso i canali tradizionali.
Spesso, le società che danno accesso a servizi, spazi e piattaforme online hanno la propria sede fuori dal territorio europeo. In assenza di una Legge mirata, l’unico modo per accedere a beni e dati digitali dei propri cari defunti è quello di trovarsi di fronte a costose e imprevedibili controversie, anche internazionali.
Ci sono dei servizi online che permettono di creare degli account commemorativi, di consentire o impedire la divulgazione dei dati, di disattivare o chiudere l’account dopo aver segnalato il decesso dell’utente. Tra quelli più noti c'è la funzione del "contatto erede", che consente all'utente designato di esercitare diritti morali e familiari, ma non sempre soddisfa gli interessi economici del defunto, soprattutto per le risorse digitali di valore. Altri servizi, invece, prevedono la distruzione definitiva dei dati in caso di morte.