La liquidazione dei compensi nell’ambito dei procedimenti di cui alla Legge n. 3/2012 e le problematiche relative all’applicazione della disciplina, sono i temi su cui verte il nuovo documento del Consiglio e della Fondazionale nazionale dei Commercialisti del 19 settembre 2018.
Il documento, recante
“La liquidazione dei compensi nelle procedure di composizione da sovraindebitamento e nella liquidazione del patrimonio”, si propone di approfondire la tematica della liquidazione dei compensi nell’ambito dei procedimenti di cui alla Legge 27 gennaio 2012, n. 3, con particolare riferimento alle più significative problematiche riscontrate nei primi anni di applicazione della disciplina di riferimento, in considerazione della genericità e lacunosità delle previsioni contenute nel decreto ministeriale 24 settembre 2014, n. 202.
A giudizio dei commercialisti, infatti, non possono non essere presi in considerazione, le molteplici criticità legate alla determinazione dei compensi spettanti ai professionisti coinvolti nella gestione della crisi da sovraindebitamento e quelle relative alla percezione del compenso in talune, non infrequenti, ipotesi.
“Criticità che - si legge - non di rado, si è tentato di mitigare in funzione della ratio socio-economica che caratterizza e che ha fortemente incentivato l’ingresso, anche nel nostro ordinamento giuridico, di procedimenti volti alla ristrutturazione delle posizioni debitorie di tutta la platea di soggetti esclusi dall’ambito di applicazione della legge fallimentare”.
Secondo i commercialisti, una delle problematiche più comunemente riscontrate, ad esempio, s’identifica con la difficoltà del Gestore a percepire e, se del caso trattenere, una somma, che al momento del primo contatto col debitore verrà da quest’ultimo versata, a titolo di corrispettivo, per l’attività preliminare necessaria per lo studio della pratica e a titolo di cauzione per eventuali inadempimenti del cliente.
Non è, infatti, infrequente il caso in cui il debitore decida di non proseguire il procedimento avviato, ovvero il caso in cui lo stesso diventi irreperibile, gravando in tal modo il Gestore anche di eventuali spese sostenute.
Il documento – Nell’approfondimento dei commercialisti sul tema suddetto, ci si è dapprima soffermati sull’
ambito di applicazione delle regole generali per la determinazione dei compensi e dei rimborsi spese e, quindi, il
principio dell’autonomia negoziale.
La normativa di riferimento in tema di determinazione dei compensi relativi alle attività di gestione della crisi da sovraindebitamento, infatti, è il D.M. n. 202/2014 che, in via più generale, ha regolamentato gli Organismi di composizione della crisi (OCC) da sovraindebitamento, disciplinandone i requisiti di iscrizione nel registro tenuto presso il Ministero, nonché i requisiti di qualificazione professionale e di onorabilità richiesti ai Gestori della crisi.
Prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di tale decreto - ricordano i commercialisti - avvenuta a ben più di due anni di distanza dall’entrata in vigore della Legge n. 3/2012, il compenso spettante al professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 28 Legge fall. (ovvero al notaio), nominato dal Tribunale per la gestione dei procedimenti dalla stessa legge descritti, era definito ai sensi dell’articolo 15, comma 9, della Legge n. 3/2012, che aveva previsto il regime transitorio, menzionato anche nel documento.
Nell’ambito di tale tematica, il documento affronta i diversi aspetti relativi:
- all’accordo con il debitore nella determinazione del compenso;
- alla determinazione dei compensi del professionista nominato da giudice (articolo 14, comma 1, primo periodo, D.M. n. 202/2014);
- ai criteri per la determinazione del compenso (articolo 15, D.M. n. 202/2014;
- obbligo del preventivo scritto e informativa preliminare al cliente sovraindebitato sui costi del servizio professionale di gestione della crisi da sovraindebitamento (articolo 10, D.M. n. 202/2014);
- prededucibilità dei crediti per i compensi e i rimborsi spese nelle procedure di sovraindebitamento;
- rimborsi spese e criteri per la determinazione del compenso (articolo 14, commi, 2, 3 e 4, D.M. n. 202/2014);
- acconti sul compenso.
Relativamente ai parametri per la
determinazione del compenso, i commercialisti ricordano che, l’applicazione dei parametri per la determinazione del compenso dell’OCC, è prevista in alternativa alla libera determinazione dello stesso, in virtù della preferenza accordata dal D.M. n. 202/2014 all’autonomia negoziale delle parti.
Sul punto, ci si è soffermati anche sull’ipotesi di società appartenenti ad un gruppo di imprese, per poi passare all’analisi delle riduzioni e ammontare complessivo dei compensi e delle spese generali.
Di rilievo è anche la parte relativa alla
liquidazione del compenso in caso di mancata presentazione della proposta o del piano. Come rilevano i commercialisti, infatti, né il comma 1, né il comma 2, dell’articolo 16 del Regolamento, prevedono un criterio per la determinazione del compenso nei casi di rinuncia da parte del debitore e nei casi in cui il Tribunale non omologhi l’accordo.
È tuttavia innegabile che, a seguito della nomina dell’Organismo, anche in caso di mancato deposito della proposta o del piano presso il Tribunale competente, insorga il diritto dello stesso alla percezione del compenso per l’attività svolta.
In relazione ai costi della procedura, criticità per l’accesso del consumatore persona fisica, i commercialisti sostengono che il profilo inerente ai costi che il debitore deve sostenere per attivare, con l’ausilio dell’OCC, una delle procedure previste dalla legge n. 3/2012, non sembra essere esente da censure.
“Un problema evidente della disciplina, infatti, - si legge nel documento - è sicuramente rappresentato dalla mancanza di una previsione ad hoc per i soggetti che si trovino in condizioni di particolare povertà e per i quali i costi della procedura rappresentano evidentemente un ostacolo quasi insormontabile all’accesso alla stessa”.
In merito ai compensi, ci si è soffermati sull’unicità degli stessi (articolo 17, D.M. n. 202/2014), nonché sui
compensi nella procedura di liquidazione del patrimonio (articolo, 18 D.M. n. 202/2017).
A tal proposito, sulle diverse ipotesi prospettabili, i commercialisti hanno effettuato “alcune doverose considerazioni”.
Nella parte finale del documento in commento, l’attenzione si è focalizzata sull’
individuazione di specifici parametri per il calcolo del compenso nel regolamento dell’Organismo e sui
rapporti tra Organismo e Gestore.
Infine, relativamente al
compenso del professionista di fiducia eventualmente incaricato dal debitore, è stato specificato che, nelle procedure di sovraindebitamento, per il debitore farsi assistere da un professionista di fiducia, non solo è possibile ma talvolta è opportuno e necessario.
Occorre elaborare il piano, quale mezzo di adempimento della proposta: tale competenza è attività è ascrivibile alle competenze tecniche dei Commercialisti.
In proposito, sulla questione del regime dei compensi del professionista di fiducia del debitore, sia per l’opera prestata in relazione alla procedura, sia sotto il profilo della loro quantificazione e della loro collocazione nel piano, è stato osservato che:
- per quanto concerne la collocazione dei compensi dei professionisti di fiducia del debitore nel piano che attua l’accordo o il piano del consumatore appare inequivocabile, stante il dettato della norma (articolo 13, comma 4-bis, della legge n. 3/2012), che detti compensi siano spese per la procedura da collocarsi in prededuzione, in quanto sorte in funzione e in occasione della procedura di composizione della crisi;
- in merito poi alla loro quantificazione, tenuto conto che l’articolo 9 del D.L. n. 1/2012 ha abrogato le tariffe professionali, si rammenta che per i professionisti iscritti in Albi è diventato obbligatorio presentare un preventivo scritto al cliente nel momento del conferimento dell’incarico professionale.
I commercialisti ricordano che, il codice deontologico della professione, impone la redazione del preventivo, dando rilevanza, anche sotto il profilo deontologico, all’adempimento imposto dall’ordinamento. Difatti, l’articolo 25 del codice deontologico dispone che
«la misura del compenso è pattuita per iscritto all’atto del conferimento dell’incarico professionale con preventivo di massima comprensivo di spese, oneri e contributi».
Nel documento, si ricorda, altresì, che il D.L. n. 1/2012, convertito con modificazioni dalla Legge n. 27/2012, nell’abrogare le tariffe professionali ha, al contempo, stabilito che, in caso di liquidazione da parte del giudice, il compenso venga determinato sulla base dei parametri istituiti con il D.M. n. 140/2012 (articolo 9, comma 2). Tali parametri, non sono equiparabili ad una nuova tariffa professionale, ma costituiscono unicamente una indicazione che il giudice considera per la determinazione del compenso da riconoscere al professionista.