29 giugno 2020

CNDCEC: incompatibilità con l’esercizio dell’attività professionale

In un Pronto Ordini posta l’attenzione su determinate fattispecie

Autore: Pietro Mosella
Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC), con il Pronto Ordini n. 41/2020 del 12 giugno scorso, ha fornito chiarimenti in merito alla disciplina dell’incompatibilità all’esercizio dell’attività professionale con riferimento a determinate fattispecie.

Il Pronto Ordini n. 41/2020 – Il Consiglio di un Ordine territoriale ha chiesto chiarimenti al CNDCEC sotto il profilo della disciplina dell’incompatibilità, in riferimento a due determinate fattispecie:
  1. il primo quesito è riferito ad un caso di un iscritto docente di scuola superiore, già autorizzato dal preside dell’istituto presso cui svolge la docenza all’esercizio dell’attività professionale, che, a seguito di ottenimento di un congedo biennale straordinario per assistenza a familiare disabile (per un periodo di 4 mesi), si vede revocare l’autorizzazione all’esercizio della libera professione. In virtù di ciò, si chiede al CNDCEC, in particolare, se sia legittima la revoca della suddetta autorizzazione;
  2. il secondo quesito è relativo al caso di un iscritto, già consulente di una società, che chiede se sussista una causa di incompatibilità con l’esercizio della professione, qualora tale consulenza (avente ad oggetto l’attività di direzione finanziaria) venga sostituita:


  • da un rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato con qualifica dirigenziale,
  • o da un nuovo contratto di prestazione d’opera intellettuale avente ad oggetto l’attività di direzione finanziaria che preveda clausole di esclusiva alla società in riferimento allo svolgimento della suddetta attività da parte dell’iscritto, nonché termini di recesso a favore del committente e clausole rafforzative che garantiscano il cliente da eventuali azioni risarcitorie in termini di riqualificazione del rapporto sottostante (in lavoro dipendente).


Caso n. 1: In merito al primo caso sopra esposto, il CNDCEC evidenzia anzitutto, in via generale, come la disciplina dell’incompatibilità contenuta nella normativa in materia di scuola (D. Lgs. n. 297/1994), sia parzialmente diversa rispetto a quella prevista per i dipendenti pubblici, la quale dispone, in linea di principio, l’incompatibilità tra il rapporto di pubblico impiego e l’esercizio della professione. A tal proposito, l’articolo 508, comma 15, del sopra citato decreto stabilisce, infatti, che «al personale docente è consentito, previa autorizzazione del direttore didattico o del preside, l’esercizio di libere professioni che non siano di pregiudizio all’assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente e siano compatibili con l’orario di insegnamento e di servizio».

In sostanza, è consentito ad un docente di scuola (di ogni ordine e grado), anche a tempo pieno, esercitare l’attività libero-professionale purché questa:
  • non sia di pregiudizio alla funzione docente;
  • sia compatibile con l’orario di insegnamento e di servizio;
  • sia esplicata in modo autonomo;
  • sia esplicata previa autorizzazione del dirigente scolastico (direttore didattico o preside).

In virtù del fatto che è rimessa all’organo amministrativo scolastico la valutazione della compatibilità dell’esercizio della professione con lo svolgimento della docenza, l’eventuale diniego dell’autorizzazione all’esercizio della libera professione deve essere, comunque, giustificato con l’indicazione dei motivi di pubblico interesse e delle circostanze soggettive ed oggettive che impediscono, nell’interesse della scuola, l’esercizio professionale. Allo stesso modo, il medesimo organo, può revocare l’autorizzazione in qualsiasi momento, qualora insorgesse una situazione di incompatibilità o venisse meno uno dei citati requisiti.

Per quanto riguarda i congedi straordinari, a qualsiasi titolo, questi sono concessi per il personale docente dal direttore didattico ovvero dal preside, vale a dire dal medesimo organo competente a rilasciare l’autorizzazione all’esercizio della libera professione.

In particolare, con riferimento al congedo straordinario biennale, il Consiglio Nazionale evidenzia che, ai sensi dell’articolo 4, comma 2, della Legge n. 53/2000, si consente a tutti i dipendenti pubblici di beneficiare di un periodo di congedo per gravi motivi familiari della durata massima di due anni nell’arco dell’intera vita lavorativa. Tale congedo può essere usufruito anche in modo frazionato.

La citata disposizione, peraltro, vieta al dipendente, durante il periodo di congedo, di svolgere un’altra attività lavorativa. La generica formulazione della norma - secondo il CNDCEC - induce a ritenere inclusa, nell’ambito della nozione di attività lavorativa, anche l’esercizio di attività professionale.

Caso n. 2:In riferimento al secondo caso prospettato, l’articolo 4, comma 1, lett. c) del D. Lgs. n. 139/2005, stabilisce una specifica ipotesi di incompatibilità tra l’esercizio della professione e lo svolgimento di attività d’impresa, qualora questa sia esercitata per conto proprio, in nome proprio o altrui. Ai fini dell’accertamento dell’eventuale sussistenza di una ipotesi di incompatibilità, quindi, ciò che interessa verificare è se, l’iscritto, eserciti l’attività a soli fini imprenditoriali per soddisfare un interesse commerciale proprio. Laddove ciò sia escluso, si dovrà ulteriormente verificare che, l’incompatibilità, non sia disposta dalla specifica normativa applicabile al rapporto di lavoro.

Considerando quanto suddetto, in riferimento alla prima ipotesi prospettata nel quesito (rapporto di lavoro dipendente), il CNDCEC evidenzia che, la condizione di un iscritto che sia dipendente (anche con funzioni dirigenziali) di una società privata, non integra una causa di incompatibilità con l’esercizio della professione di dottore commercialista e di esperto contabile a meno che, l’incompatibilità, sia espressamente contemplata dalla normativa applicabile al suddetto rapporto di lavoro subordinato (ad esempio, in un contratto stipulato in sede di assunzione dove vi sia una clausola che disponga il divieto per il dipendente di esercitare attività professionale).

Per quanto concerna la seconda ipotesi prospettata nel quesito (prestazione di opera intellettuale con clausole rafforzative della posizione del cliente), il Consiglio Nazionale ritiene che, la stipula del nuovo contratto di prestazione d’opera intellettuale, non comporti l’insorgenza di una situazione di incompatibilità con l’esercizio della professione, ferma restando la verifica della conformità delle suddette clausole alle altre disposizioni dell’ordinamento professionale. In particolare, con riferimento al diritto di recesso, si ricorda che il Codice Civile disciplina diversamente il suo esercizio da parte del cliente e da parte del professionista.

Si ricorda, infatti, che ai sensi dell’articolo 2237, comma 1, c.c., il cliente può recedere in qualsiasi momento e senza necessità di una giusta causa o giustificato motivo (cd. recesso ad nutum).

In tal caso, al prestatore d’opera intellettuale è dovuto il rimborso delle spese sostenute e il compenso per l'opera svolta fino al momento in cui il recesso è stato esercitato.

Diversamente, ai sensi del 2° e 3°comma del medesimo articolo, il professionista può recedere solo in presenza di una giusta causa e deve, comunque, esercitare il diritto di recesso in modo da non recare pregiudizio al cliente.
Concludendo, il CNDCEC evidenzia che, le clausole contrattuali, in ogni caso, non devono risultare elusive della normativa attualmente vigente in materia di lavoro.
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