30 gennaio 2019

CNDCEC: risposte ai quesiti degli ordini

Autore: Ester Annetta
Nella sezione Pronto Ordini del sito istituzionale del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, sono state pubblicate le risposte ad alcuni quesiti posti dai Consigli o dai Collegi di Disciplina di alcuni Ordini territoriali.

P.O. 117/2017 – Trattamento ai fini IVA del contributo dovuto dai soggetti terzi autorizzati all’organizzazione di attività di formazione processionale continua all’Ordine territoriale competente.
Il quesito, posto dal Consiglio dell’ODCEC di Treviso l’11 aprile 2017, rientra in una serie di altre questioni afferenti l’interpretazione di norme tributarie, alle quali il CNDCEC ha potuto dare risposta solo a seguito degli esiti delle interlocuzioni a riguardo avviate con l’Agenzia delle Entrate a partire dalla metà del 2017 e successivamente formalizzate con un’apposita istanza di consulenza presentata lo scorso 7 giugno 2018.
In particolare, l’Ordine trevigiano aveva domandato se, in base alla disposizione contenuta nell’art. 12 comma 5 del previgente Regolamento per la FPC (in vigore fino al 31 dicembre 2017) - che stabiliva l’importo del contributo che i soggetti autorizzati all’organizzazione di eventi formativi dovevano versare agli Ordini a titolo di rimborso delle spese di gestione per l’utilizzo della piattaforma web e di contabilizzazione dei crediti formativi – detti contributi dovessero intendersi con o senza IVA.
Nessuna specifica in tal senso ha, difatti, fornito neppure l’attuale testo dell’art. 13 comma 5 del nuovo Regolamento per la FPC, che ha sostituito quello sopracitato, stabilendo quali siano gli importi dei contributi che i soggetti autorizzati all’organizzazione di eventi formativi devono versare agli Ordini a titolo di ristoro degli oneri sostenuti per adempiere al compito di vigilanza sull’assolvimento dell’obbligo di FPC.

A tal ultimo proposito, l’Agenzia delle Entrate nel rispondere all’istanza di cui sopra, lo scorso 4 dicembre 2018 ha comunicato al CNDCEC un documento ove – tra l’altro – ha chiarito che gli importi versati agli Ordini dai soggetti autorizzati all’organizzazione di eventi formativi a titolo di ristoro degli oneri sostenuti per la vigilanza sull’adempimento degli obblighi di FPC costituiscono un obbligo specifico prescritto dalla norma appena citata (art.13 comma 5). Pertanto non sono configurabili come corrispettivi di una prestazione di servizi, ma come onere reso obbligatorio in base al Regolamento FPC al fine di contribuire alla copertura dei costi dell’attività istituzionale autoritativa svolta dall’Ordine per adempiere ad un compito pubblicistico stabilito dalla normativa primaria di settore. Prova ne è anche il loro criterio di determinazione forfetario.
In quanto tali, i suddetti importi non sono rilevanti ai fini delle imposte dirette IVA.
IL CNDCEC ha, perciò, ritenuto che lo stesso criterio valga in relazione ai contributi che venivano versati agli Ordini dai soggetti autorizzati all’organizzazione di eventi formativi ai sensi dell’art. 12 comma 5 del previgente Regolamento FPC.

P.O. 165/2018 – Aspetti sanzionatori applicabili alla violazione delle norme in materia di FPC.
Ancora in tema di FPC, il Consiglio di Disciplina dell’ODCEC di Lecco ha posto un quesito volto ad accertare:
  • se la sanzione della censura, prevista dall’art. 15 comma 3 del Codice delle Sanzioni disciplinari per il caso di mancato conseguimento dei 20 crediti formativi minimi annuali o dei 9 crediti in materia deontologica, sia comprimibile ove ricorrano le circostanze attenuanti previste dall’art. 9 comma 1 del medesimo codice (assenza di dolo o danno rilevante a terzi, errore in buona fede, tempestiva riparazione del danno arrecato, ecc.);
  • se siano applicabili alle predette violazioni contemplate dall’art. 15 comma 3 le previsioni contenute nell’art. 5 commi 3 e 4 del Codice delle sanzioni, e, dunque, ove la sanzione della censura risulti sproporzionata rispetto alla tenuità della violazione, sia possibile l’archiviazione del procedimento disciplinare accompagnata da un richiamo non avente natura di sanzione disciplinare.

Alla prima parte del quesito il CN ha risposto che, in base al combinato disposto dell’art.9 comma 1 (che concede il contenimento della censura in presenza di attenuanti solo ove la condotta disciplinarmente rilevante contempli come sanzione minima la sospensione) e dell’art. 15 comma 3 (che, per le ipotesi di violazione degli obblighi formativi contempla “in ogni caso” la sanzione della censura), in tale ultimo caso non è possibile la comprimibilità della sanzione.
Viceversa, rispondendo alla seconda parte del quesito, il CN ha ritenuto che le previsioni contenute nell’art. 5 commi 3 e 4 siano applicabili a tutti i casi in cui sia comminabile la sanzione della censura, ivi comprese le ipotesi di mancato assolvimento dell’obbligo formativo di cui all’art. 15 comma 3.

P.O. 179/2018 – Procedimento nei confronti di un componente del Consiglio di Disciplina – richiesta di chiarimenti in merito al PO 16/2016
Il quesito, proposto dal Consiglio di Disciplina dell’Ordine di Potenza, sollecita un chiarimento circa l’identificazione dell’organo competente a svolgere l’attività prodromica di valutazione di notizie, segnalazioni o fatti potenzialmente rilevanti come illeciti disciplinari a carico di un componente del Consiglio di Disciplina, tenuto conto che nella risposta fornita al precedente P.O. n. 16/2016, il CN aveva precisato che tale attività “implica una valutazione dalla quale il Consiglio di Disciplina stesso è tenuto ad astenersi”.
Nel richiamare l’art. 3 comma 4 del Regolamento per l’esercizio della funzione disciplinare territoriale, ai sensi del quale la competenza a procedere nei confronti di un componente del Consiglio di Disciplina dell’Ordine cui si riferisca un esposto od una notizia di illecito disciplinare “spetta al Consiglio di Disciplina dell’Ordine in cui ha sede la Corte d’Appello territorialmente competente”, il CNDCEC ha ritenuto che la “competenza a procedere” vada intesa in senso lato e, pertanto, si estenda anche alla fase prodromica.

P.O. 184/2018 – STP
Un quesito posto dall’Ordine di Modena si rifà al tema della Società tra Professionisti.
Si domanda, in generale, se l’insussistenza di procedimenti disciplinari e, in particolare, l’apertura di un procedimento disciplinare per crediti formativi insufficienti a carico di un iscritto siano, rispettivamente, condizione di iscrizione o motivo ostativo all’iscrizione della STP, di cui esso è socio, nel relativo Albo.
Il CNDCEC ha ricordato che, ai sensi dell’art. 10 comma 4 lett. b) della L. 183/2011, condizioni di partecipazione ad una STP in qualità di soci professionisti sono: l’iscrizione ad ordini, albi e collegi ed il possesso del titolo abilitante. Alla successiva lett. b) lo stesso articolo prevede, inoltre, che sia una clausola dell’atto costitutivo della STP ad individuare le modalità di esclusione del socio che sia stato cancellato dall’albo con provvedimento definitivo; il comma 7 chiarisce, infine, che i soci professionisti e la STP sono tenuti all’osservanza del codice deontologico.
Ne consegue, pertanto, che la sola sanzione disciplinare rilevante ai fini dell’esclusione di un socio dalla STP è unicamente la radiazione, poiché lo priva del requisito dell’iscrizione all’albo che è, invece, condizione di partecipazione alla stessa.

La sola sanzione della sospensione dall’esercizio della professione non è, dunque, causa di esclusione dalla STP, salvo che, ovviamente, all’interno della stessa, al socio sospeso non potranno essere affidati incarichi.
L’iscritto radiato non potrà partecipare alla STP neppure come socio finanziatore, per evitare che tale modalità si risolva in un sistema per aggirare il difetto di iscrizione che impedisce la sua partecipazione alla compagine sociale.
In conclusione, dunque, l’apertura di un procedimento disciplinare nei confronti dell’iscritto non è condizione ostativa dell’iscrizione della STP da esso partecipata e, di conseguenza, non è nemmeno condizione di iscrizione l’insussistenza di procedimenti disciplinari a carico degli iscritti soci della STP.

P.O. 167/2018 – Ne bis in idem
Col quesito formulato dal Consiglio di Disciplina dell’ODCEC di Pesaro viene affrontata la questione dell’eventuale violazione del principio del “ne bis in idem” (che esclude che uno stesso soggetto possa essere giudicato o punito due volte per uno stesso reato, salvo che per fatti sopravvenuti, nuove rivelazioni o vizi fondamentali della procedura antecedente) -sancito sia dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea - ove venga irrogata una sanzione disciplinare ad un professionista già condannato in sede penale.

Il CN ha osservato che, anche alla luce della giurisprudenza europea, ai fini dell’applicabilità del principio del “ne bis in idem” rileva che i procedimenti, indipendentemente dalla loro qualifica formale, abbiano ad oggetto un’accusa in materia penale o diritti di carattere civile e, dunque, che le conseguenti sanzioni siano di natura penale o amministrativa.
Poiché, come ha pure rilevato la giurisprudenza della Cassazione, “un procedimento disciplinare può comportare sanzioni mai sostanzialmente penali, in quanto conseguenti a regole di comportamento valevoli unicamente nell’ambito di una cerchia ristretta di soggetti, ma non anche della generalità dei consociati, essendo finalizzate unicamente a regolare l’ordinato svolgersi dei reciproci rapporti in determinati contesti o settori”, ne discende che, non avendo rilievo penale, le sanzioni disciplinari non violino il principio del ne bis in idem, ove irrogate nei confronti di un commercialista già condannato in sede penale.

P.O. 195/2018 – Trasmissione INI-PEC – Univocità indirizzo
Al quesito formulato dal Consiglio dell’ODCEC di Venezia circa la possibilità che due professionisti appartenenti allo stesso studio associato comunichino al registro INI-PEC lo stesso indirizzo generico, il CN, richiamando la Nota prot. 17942 del 24/4/2014 del MISE (con cui è stato chiarito che due diversi soggetti -imprese, nella specie - non possono essere iscritte nel relativo Registro con lo stesso indirizzo PEC, poiché la ratio che il legislatore ha sotteso alla necessità di imporre il possesso di un indirizzo pec pubblico è quella di affidargli un carattere di ufficialità che rappresenti un canale privilegiato nei rapporti con la PA) ha dato risposta negativa.
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