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Il 4 luglio è stato pubblicato il Pronto Ordini n. 50/2024 in tema di attività incompatibili con l’esercizio della professione di commercialista.
L’Ordine scrivente ha esposto il seguente caso: un iscritto all’Albo è socio al 50% di una S.n.c. di pura gestione immobiliare (il restante 50% è posseduto dal fratello). La società possiede, oltre agli immobili, anche una partecipazione di controllo in una S.r.l. operativa nel settore immobiliare (costruzione e vendita di immobili). Quest’ultima è cliente dello Studio dell’iscritto, al quale è stato chiesto di assumere l’incarico di amministratore in qualità di Commercialista, quindi in nome proprio e per conto altrui. È stato quindi chiesto al C.N.D.C.E.C.:
Ebbene, la risposta del Consiglio Nazionale è stata la seguente.
L’art. 4, co. 2, del D.lgs. n. 139/2005 delinea i limiti entro i quali l’esercizio per proprio conto (in nome proprio o altrui) di attività d’impresa è compatibile con l’esercizio della professione. Ciò è confermato anche nelle Note interpretative sulla disciplina delle incompatibilità allorché, in riferimento ai casi di esclusione previsti dal secondo comma dell’art. 4, si evidenzia che in presenza di tali casi «l’esercizio dell’attività d’impresa o l’assunzione della carica di amministratore sono da considerarsi compatibili».
Per quanto riguarda la gestione patrimoniale immobiliare, peraltro, le citate Note interpretative evidenziano che l’esclusione dell’incompatibilità è connessa alla natura dell’attività, che deve essere di “pura gestione”, il che significa che non deve ricomprendere attività quali, a titolo meramente esemplificativo, quelle alberghiere o di compravendita immobiliare.
Nel caso di specie, la S.n.c. detiene una partecipazione di controllo in una S.r.l. che svolge attività di costruzione e vendita di immobili, cliente dello Studio dell’iscritto al quale viene chiesto di assumere l’incarico di amministratore della controllata nella qualità di Commercialista, quindi “in nome proprio e per conto altrui”.
Più sinteticamente, l’iscritto socio al 50% della società di persone controllante (il cui restante 50% è detenuto dal fratello), che svolge attività di gestione patrimoniale immobiliare “pura”, assume l’incarico di amministratore nella società di capitali controllata, che invece svolge attività di impresa nel settore edile.
Al riguardo, il Consiglio nazionale evidenzia che «l’incompatibilità con l’esercizio della professione è ravvisabile in tutti quei casi in cui è possibile riscontrare da comprovati elementi sostanziali che l’amministratore unico, con ampi o tutti i poteri di una società di capitali, eserciti un controllo diretto, o di fatto o esterno sulla stessa. Sul punto, le citate Note interpretative evidenziano che “La carica di amministratore con deleghe, presidente o amministratore unico è dunque da ritenersi compatibile solo laddove la partecipazione sia “irrilevante” e tale aggettivo è da riferire tanto alla partecipazione in quanto tale, e dunque alla irrilevanza dei diritti amministrativi che ne conseguono nelle dinamiche endosocietarie, quanto con riferimento quantitativo al patrimonio personale dell’iscritto”. E ancora, “In ciascuna valutazione è da privilegiare la prevalenza della sostanza sulla forma, talché l’irrilevanza non può limitarsi al dato formale, ma deve essere concretamente apprezzabile ed essere una situazione priva di evidenze contrastanti, anche se di mero fatto”».
Pertanto, con riferimento ad entrambi i quesiti visti all’inizio, nel P.O. n. 50/204, in via interpretativa, si afferma che:
Nel caso di specie – conclude il documento - «fermo restando che l’accertamento in concreto della sussistenza o meno della causa di incompatibilità compete all’Ordine territoriale nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, l’attività configurata non sembrerebbe atteggiarsi quale attività di pura gestione patrimoniale, di mero godimento o conservativa».