4 ottobre 2018

FNC: il regime fiscale della nuova impresa sociale

Autore: Ester Annetta
Con un recente documento di ricerca elaborato dalla ricercatrice Viviana Capozzi, la Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha inteso approfondire la nuova disciplina fiscale applicabile alle imprese sociali, alla luce delle novità normative introdotte dai Decreti Legislativi di attuazione della Riforma del Terzo Settore.

Nell’intento di promuovere una maggiore diffusione del modello “impresa sociale” (per tale intendendosi, secondo la definizione datane dal D. Lgs. 112/17 - che ha sostituito il precedente D. Lgs 155/06 – “tutti gli enti privati, inclusi quelli costituiti nelle forme di cui al libro V del Codice Civile, che esercitano in via stabile e principale un'attività d'impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività"), il legislatore ha, difatti, previsto diversi incentivi. Nel vigore della precedente disciplina, il predetto modello era risultato scarsamente impiegato, in virtù – probabilmente - sia dei vincoli posti alla distribuzione degli utili sia della mancanza di un apposito regime fiscale, tant’è che gli enti qualificati come impresa sociale continuavano ad applicare i regimi impositivi previsti in relazione alla loro natura giuridica (associazioni, fondazioni, società, ONLUS, etc…) e senza alcun regime agevolativo specifico.

Il recente D.Lgs. n. 95 del 2018, entrato in vigore lo scorso 11 agosto, ha perciò recato alcuni correttivi al citato D. Lgs. 112/17, disponendo, in capo alle imprese sociali già costituite, l’obbligo di adeguamento, entro il 20 gennaio 2019, alle disposizioni così modificate. In particolare, in novellato D. Lgs. 112/17: ha previsto, per la nuova impresa sociale, la non imponibilità delle somme destinate a riserva; ha introdotto degli incentivi fiscali per quanti decidono di investire nelle imprese sociali (sul modello di quelli operanti per le start-up innovative); ha riconosciuto alle stesse la possibilità di accedere alla raccolta di capitali di rischio attraverso portali online (il c.d. equity crowdfunding).
Il tutto subordinatamente all’intervento dell’autorizzazione della Commissione europea (richiesta a cura del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali), nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di Aiuti di Stato.
Il documento offre, pertanto, una puntuale disamina dei suddetti incentivi, strutturandosi in singoli paragrafi dedicati, rispettivamente:
  • alla detassazione degli utili e degli avanzi di gestione, mettendo a confronto le previsioni antecedenti e successive all’intervento del decreto correttivo;
  • gli incentivi fiscali per quanti investono nelle imprese sociali (per le persone fisiche, detrazione dall’IRPEF lorda di un importo pari al 30% della somma investita nel capitale sociale di una o più società - anche cooperative - aventi la qualifica di impresa sociale, al verificarsi di determinate condizioni che sono state oggetto di interventi modificativi per opera del decreto correttivo; per i soggetti passivi IRES, deduzione dalla base imponibile pari al 30% della somma investita nel capitale di un’impresa sociale costituita in forma societaria o cooperativa) e la possibilità di accedere alla raccolta di capitale di rischio tramite piattaforme telematiche (il c.d. equity crowdfunding - strumento originariamente introdotto per le start-up innovative e successivamente esteso prima alle piccole e medie imprese innovative e poi alle piccole e medie imprese – che consente alle società di effettuare un’offerta al pubblico di quote o azioni, per raccogliere capitale di rischio);
  • le ulteriori agevolazioni fiscali previste per le imprese sociali, in specie, le agevolazioni in materia di imposte indirette e tributi locali (e, più precisamente: imposta sulle successioni e donazioni; imposta di registro; imposte ipotecaria e catastale; imposta di bollo; IMU; TASI; IRAP; altri tributi locali; imposta sugli intrattenimenti e tassa sulle concessioni governative) e le deduzioni e detrazioni riconosciute a fronte di erogazioni liberali.

Gli ultimi paragrafi sono infine dedicati agli adempimenti fiscali ed al regime delle verifiche. A tal ultimo riguardo, Il decreto correttivo ha inserito nell’art. 18 del D.Lgs. n. 112/17 un nuovo comma 8-bis, volto a disciplinare le modalità di svolgimento delle verifiche e di scambio delle informazioni fra autorità vigilanti sugli enti che assumono la qualifica di impesa sociale; in particolare, le Amministrazioni vigilanti sugli enti che assumono detta qualifica trasmettano all’Amministrazione finanziaria gli esiti dei controlli di loro competenza, ai fini dell’eventuale assunzione dei conseguenti provvedimenti. A sua volta l’Amministrazione finanziaria, cui è riservato un autonomo potere di controllo, deve trasmettere alle altre Amministrazioni vigilanti ogni elemento utile ai fini della valutazione in merito all’eventuale perdita della qualifica di impresa sociale. L’accertamento di eventuali violazioni comporta (comma 8-ter) la decadenza dai regimi fiscali agevolati (con conseguente recupero delle imposte in misura ordinaria oltre a sanzioni e interessi) e l’eventuale sottoposizione dell’impresa sociale alla gestione commissariale, ai sensi dell’art. 2545-sexiesdecies del Codice civile.
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