“L’obiettivo di un ridisegno dell’IRPEF deve essere quello di rendere equo il prelievo tra le diverse tipologie di lavoratori e rendere semplice una normativa che risente ancora dell’impostazione di quasi 50 anni fa”. Lo affermato oggi a Roma il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Massimo Miani, nel corso del suo intervento agli Stati generali della categoria. “Questa imposta – ha spiegato - è ormai sostanzialmente una imposta sui redditi di lavoro e pensione. E’ ormai prioritario il tema della sperequazione tra reddito disponibile dei lavoratori dipendenti e reddito disponibile dei lavoratori autonomi, a parità di salario e reddito lordo”.
“Per i commercialisti – ha proseguito - la riforma dell’IRPEF deve partire dalla consapevolezza che già oggi la base imponibile è formata per il 98,8% dai redditi di lavoro e da pensione e soltanto per il residuo 1,2% dai redditi derivanti dall’impiego e dal realizzo di capitali e immobili. 50 anni fa l’IRPEF era stata invece pensata come imposta generale su tutti i redditi. L’equità tra lavoratori passa per l’equivalenza, a parità di salario lordo, pensione lorda o reddito lordo di lavoro autonomo e di impresa, del reddito disponibile netto che rimane dopo aver pagato imposte e contributi”.
Ciò evidenzia, secondo il numero uno dei commercialisti “che non è possibile slegare la questione IRPEF dalla questione del prelievo contributivo, la quale necessita a sua volta di una distinzione finalmente chiara tra ciò che è previdenza e ciò che è assistenza. La semplificazione normativa passa attraverso un riordino delle tante flat tax oggi esistenti e un ampliamento delle stesse a quei pochi redditi di capitale e di fabbricati che ancora scontano l’IRPEF. Nel caso dei fabbricati, su 35,8 miliardi di redditi dichiarati sono ormai solo 3,8 quelli che scontano concretamente l’IRPEF”.
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