Nel novellato articolo 2476 del Codice civile si legge ora, dopo la recente riforma: "...Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale. L'azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti. La rinunzia all'azione da parte della società non impedisce l'esercizio dell'azione da parte dei creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l'azione revocatoria quando ne ricorrono gli estremi....".
Non si tratta di nient'altro che dell'estensione ex lege alle s.r.l. della nota disciplina delle s.p.a. sul merito (articolo 2394 del Codice civile), applicabile sino ad ora analogicamente, per quasi unanime consenso, sino alla riforma.
Si avvia sempre più verso una completa estinzione, tra i dinosauri del buon diritto, l'utilità di costituire una società a responsabilità limitata, introdotta come tipo societario nel nostro ordinamento nel 1942, con il precedente delle società anonime per quote.
Ancora prima, nel XV secolo, in Inghilterra, la limitazione di responsabilità era stata concessa a comunità monastiche e corporazioni commerciali con proprietà comuni e, nel XVII secolo, era stata estesa per la Compagnia delle Indie orientali; successivamente, nel diciannovesimo secolo, a New York (1811) ed in Inghilterra, con il Limited liability act del 1855.
Perché nacque la responsabilità limitata? Per rendere l'intrapresa commerciale più adatta ad affrontare il mercato ed il rischio d'impresa, ad espandersi, a competere con efficacia; e, in effetti, si può osservare quanto l'economia (ed il benessere delle persone) si sia sviluppata dal diciannovesimo secolo ad oggi. Ed il rischio d'impresa infatti non dovrebbe essere una categoria giuridica, ma solo sociologica ed economica, non essendo sindacabile, almeno in teoria, il merito gestorio e presumendosi una qual certa maturità negli operatori del sistema. La responsabilità limitata del resto appare in Italia nel 1842 (Codice di commercio degli Stati sardi) ove, all'articolo 29 (Titolo III) si elencano i tipi societari, tra cui la società anonima (oggi, s.p.a.) e, all'articolo 41, si legge “gli amministratori non hanno altra responsabilità che quella dell'esecuzione del mandato che hanno ricevuto”. La vecchia cara diligenza del mandatario... Quanta acqua, un po' inquinata, è però nel frattempo passata sotto ai ponti. E pensare che in molti ordinamenti "civili" la responsabilità degli amministratori è trattata diversamente. A titolo esemplificativo ed estremamente riduttivo, citiamo il Code des sociétés del Regno del Belgio ove, all'articolo 528, leggiamo “les administrateurs sont solidairement responsables, soit envers la societé, soit envers les tiers, de tous dommages et intérets résultants d'infractions aux dispositions du présent code ou des statuts sociaux” (gli amministratori sono solidalmente responsabili, sia verso la società che verso i terzi, di ogni danno e interesse risultante da violazioni alle disposizioni del presente codice o degli statuti sociali). Non si accenna qui a "garanzie" sul patrimonio sociale che, va pur detto, nell'ordinamento italiano alla fine vengono ad essere "escusse" (mi si perdoni l'improprietà giuridica del linguaggio) generalmente solo dal curatore fallimentare in occasione delle ben note e frequenti (sempre più frequenti) azioni di responsabilità intentate agli organi sociali. Insomma, tra responsabilità contrattuale ed aquiliana degli amministratori (che spesso sono pure soci) ed aggredibilità delle s.r.l. a ristretta base sociale o familiare, trattate con "trasparenza" dal Fisco in caso di accertamento, con tanto di presunzione di distribuzione degli utili, il rischio d'impresa (che già di per sè basterebbe, unitamente ad un ragionevole trattamento della responsabilità gestoria, che nessuno vuole abolire ma solo razionalizzare), per i futuri amministratori non c'è molto da ridere. Viviamo così in un mondo giuridico di iper-responsabilizzazione di qualsiasi attività, con il fatale esito che assisteremo ad una gara continua a scaricare su altri le proprie responsabilità, a lavorare in retroguardia, a non rischiare (e per questo a farsi scappare eventuali successi economici, utili sì all'imprenditore ma, di riflesso, a tutta la Nazione). Gli amministratori diverranno (verbo forse da usare al passato) tutti nullatenenti (e per questo deresponsabilizzati...)? Si otterrà così il risultato perfettamente opposto, facendo fuggire gli investitori stranieri e rischiando di assistere al de profundis dell'economia italiana. Del resto, cambiando tema, quando si propone di imporre sanzioni ad un magistrato, che magari deve gestire 1.000 e più fascicoli di causa (ben più dei suoi omologhi francesi o tedeschi, per fare un esempio), se non rispetta tempi, fissati ex lege, per il processo (ma si possono fissare tempi per Legge, come se dipendesse tutto da un unico soggetto?), si tocca con mano la nuova moda generale di colpire il più possibile diversi soggetti, nella pia illusione che il dover fare (il contenuto di una Legge) coincida sempre con il fare. Sanzionare a mitraglia ogni attività equivale a ridurre il limite di velocità su di un'autostrada invece che tappare i buchi nell'asfalto. Sul tema della giustizia si dovrebbe fare ben altro che discutere di abolire la prescrizione, di sanzionare i magistrati e punire gli avvocati, basterebbe concedere al sistema più risorse, assumendo personale giudicante, requirente e di cancelleria con i fondi che, diciamocelo, ci sono ma vengono spesi in altre infruttuose amenità, quale ad esempio il reddito di cittadinanza.
Vogliamo una società dove le imprese ed i professionisti, che mandano avanti l'economia, si estinguano? Dove il pubblico funzionario, sia esso magistrato o altro, viva nel timore costante di sanzioni, svolgendo così il proprio ruolo nella sola ottica di evitare danni collaterali?
Credo che un drastico cambio di rotta nel nostro ordinamento giuridico sia improcrastinabile, per evitare che il nostro Paese viva un esiziale iter verso l'estinzione del diritto e dell'economia come li abbiamo conosciuti sino a ieri.
*Presidente del Coordinamento degli Ordini dei Commercialisti di Piemonte e Valle d'Aosta, dell'Ordine dei Commercialisti di Biella e della Fondazione italiana di giuseconomia