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L'iscrizione nella sezione speciale dell'Albo di una STP in cui la maggioranza del capitale sociale è detenuta dal socio professionista non commercialista, è subordinata alla ricorrenza di determinate condizioni, quali l’oggetto sociale che indica le attività esercitate dai soci professionisti, il possesso dei titoli abilitativi e i requisiti dei soci professionisti ordinistici.
Qualora il socio non commercialista sia (ri)qualificabile come socio per finalità di investimento, sarà indispensabile limitare la capacità decisionale dei soci non professionisti, al fine di evitare che questi possano influire sulle scelte strategiche della STP e sullo svolgimento delle prestazioni professionali.
È quanto emerge dal Pronto Ordini n. 99 del 30 giugno 2021, pubblicato dal CNDCEC.
Il parere è scaturito a seguito di un quesito pervenuto al Consiglio Nazionale nel quale un Ordine territoriale chiede se sia consentita l'iscrizione nella sezione speciale dell'Albo di una STP, costituita nella forma della S.r.l., da parte di un iscritto all’Albo dei commercialisti e un altro professionista iscritto presso l'Ordine dei Medici. Nel quesito si rappresenta che lo statuto della costituenda società, prevede l'esercizio unico ed esclusivo dell'attività di commercialista e la ripartizione delle quote di partecipazione come segue: il 5% sottoscritte dal dottore commercialista e il restante 95% dal professionista iscritto presso l'Ordine dei Medici, al quale è demandata anche l'amministrazione della società. Al quesito non viene allegato lo statuto della STP.
Il parere del CNDCEC – Il Consiglio Nazionale ricorda, dapprima, quanto previsto nell’articolo 10, comma 4, lett. b) della Legge n. 183/2011, ossia che il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare (almeno) la maggioranza di 2/3 nelle deliberazioni o decisioni dei soci.
Sul punto si rammenta, altresì, che secondo la giurisprudenza, la prevalenza dei 2/3 dei soci professionisti deve essere rispettata sotto un duplice profilo:
L’interpretazione di riservare nello statuto l’amministrazione della STP ai soci professionisti sembra preferibile ad avviso del CNDCEC, sia per evitare la riconducibilità della fattispecie nell’ambito applicativo dell’articolo 2238, comma 1, c.c., sia per sottrarre i soci professionisti a possibili condizionamenti dei soci investitori, quando presenti nella compagine societaria.
Altro aspetto rilevante evidenziato dal Consiglio Nazionale, in virtù delle previsioni recate dall’articolo 10, comma 8, della Legge n. 183/2011 e di quelle contenute nell’articolo 1, comma 1, lett. b), del D.M. n. 34/2013, è quello relativo alla possibilità della costituzione di società multidisciplinari, vale a dire società costituite tra appartenenti a differenti professioni regolamentate, per l’esercizio delle quali l’ordinamento richiede l’iscrizione in un Albo o Elenco, nei limiti di compatibilità con quanto previsto negli ordinamenti professionali.
In tal caso, la compagine societaria, deve annoverare soci professionisti esponenti delle professioni regolamentate dedotte nell’oggetto sociale.
Di conseguenza, qualora la STP sia multidisciplinare, può individuare come prevalente una delle attività professionali ordinistiche dedotte nell’oggetto sociale (in modo conforme a quanto previsto nell’articolo 8, comma 2, D.M. n. 34/2013).
Nel documento in commento, il CNDCEC evidenzia come, secondo la dottrina, la necessità di evitare che l’indicazione nell’oggetto di una delle attività professionali come prevalente sia finalizzata a eludere regimi disciplinari, renderebbe maggiormente appropriato che la STP multidisciplinare si iscriva in tanti albi professionali quante sono le attività professionali esercitate, con conseguente assoggettamento al relativo regime disciplinare.
Considerando il quesito posto e quanto previsto dallo statuto della società in questione, le soluzioni prospettate dal CNDCEC sono le seguenti: