Con uno stringatissimo dispositivo emesso a conclusione della riunione in Camera di Consiglio tenutasi lo scorso 11 settembre, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, adeguandosi a quanto lo scorso 21 maggio aveva disposto la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 12461, ha dichiarato
“l’ineleggibilità del dott. Mario Civetta alla carica di Presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Roma nelle elezioni indette per il rinnovo delle cariche consiliari per il periodo 1/1/2017 – 31/12/2010 e l’esclusione della lista n. 1 denominata “Impegno per la Professione” dalla suddetta procedura elettorale, con relative conseguenze previste dalla legge”.
Come si ricorderà (cfr.:
ODCEC Roma: la Cassazione dice no al terzo mandato), la questione era stata sollevata alla vigilia delle sopracitate elezioni, quando i componenti delle altre due liste in lizza per il rinnovo dell’ordine di Roma, appellandosi alla previsione contenuta nell’art. 9 comma 9 del D. Lgs. 139/2005, a mente del quale “i Consiglieri dell’Ordine ed il Presidente possono essere eletti per un numero di mandati consecutivi non superiore a due”, avevano proposto reclamo al CNDCEC, contestando l’idoneità della candidatura di Mario Civetta a Presidente dell’Ordine, avendo già egli rivestito sia la carica di Consigliere che di Vicepresidente nelle due precedenti Consiliature.
Sulla scorta di una propria precedente determinazione (del 30 gennaio 2015, poi suffragata da una nota del Ministero dell’11 febbraio 2015), fondata sulla considerazione che Consiglio dell’Odine e suo Presidente dovessero considerarsi organi diversi e che il limite dei due mandati consecutivi di cui all’art. 9 comma 9 dovesse ritenersi preclusivo dell’ulteriore svolgimento del mandato esclusivamente all’interno della stessa carica, il Consiglio Nazionale aveva rigettato il reclamo e, pertanto, con successivo ricorso, la questione era stata sottoposta al vaglio della Cassazione. Quest’ultima, con la sentenza sopracitata, contestando l’interpretazione sostenuta dal Consiglio Nazionale, aveva viceversa ritenuto che
“intenzione del legislatore” fosse stata quella
“di attribuire rilievo, ai fini della maturazione del numero dei mandati richiesto per la sussistenza dell’ineleggibilità, al mero esercizio delle funzioni di componente del consiglio dell’ordine, e di considerare invece indifferente la circostanza che le stesse siano state svolte in qualità di consigliere o presidente. In quest’ottica, la causa di ineleggibilità è destinata a trovare applicazione, oltre che nel caso di ulteriore candidatura per la medesima carica da parte di un soggetto che abbia già ricoperto per due mandati consecutivi quella di consigliere o di presidente, anche nel caso in cui un soggetto che abbia già ricoperto per due mandati consecutivi la carica di consigliere intenda candidarsi a quella di presidente, o viceversa, nonché nel caso in cui il candidato all’una o all’altra carica le abbia ricoperte entrambe, consecutivamente, nell’ambito delle consiliature immediatamente precedenti.”
La decisione ora adottata dal Consiglio Nazionale a seguito dell’applicazione della predetta sentenza apre, pertanto, uno scenario la cui portata rischia di avere conseguenze ben più ampie, che investirebbero le sorti di numerosi altri Ordini e – verosimilmente – anche le proprie.
Difatti, secondo quanto pure si legge nel citato dispositivo, la decisione del Consiglio Nazionale verrà ora comunicata al Ministero della Giustizia
“affinché adotti tutti i provvedimenti conseguenti, di cui all’art. 17 del D.lgs. n. 139/05”, a mente del quale, in caso di scioglimento del Consiglio dell’Ordine
“le sue funzioni sono affidate a un commissario straordinario che provvede alla gestione ordinaria” e
“il commissario provvede, entro sessanta giorni dalla nomina, salvo diversa indicazione del Consiglio nazionale, a convocare e tenere l'assemblea per la elezione dell'intero Consiglio, che resterà in carica fino alla scadenza naturale del Consiglio disciolto”.
Il punto fondamentale della vicenda è, adesso, che la conseguenza appena delineata potrebbe ugualmente configurarsi per ben altri 53 Ordini territoriali per i quali sussiste la stessa situazione verificatasi nell’Ordine di Roma, poiché composti da consiglieri – o guidati da un Presidente - rieletti nuovamente dopo due mandati già eseguiti. Ed il loro eventuale scioglimento andrebbe inevitabilmente a ripercuotersi sulla sorte dello stesso Consiglio Nazionale in quanto eletto da Ordini ineleggibili.
La pronuncia in esame, difatti, non può considerarsi circoscritta alla sola vicenda dell’Ordine di Roma, in quanto fornisce un criterio interpretativo che assume, perciò stesso, portata generale e - in quanto tale - non può non coinvolgere ogni altra analoga situazione.
È quanto ha sostenuto lo stesso Mario Civetta già nelle prime dichiarazioni rilasciate appena dopo aver appreso la decisione del Consiglio Nazionale, rilevando che l’ineleggibilità dopo il terzo mandato non è, a questo punto, un problema solo del suo Ordine, ma di tutti quelli in cui sussiste la stessa condizione e non può essere eluso solo perché gli altri Ordini non hanno presentato, a riguardo, alcun ricorso.
Raggiunto telefonicamente all’indomani della pronuncia, il Presidente Civetta ha dichiarato al nostro giornale come “quasi venga da sorridere” nel rilevare che “l’essersi adeguato alle indicazioni a suo tempo fornite dal Ministero e dallo stesso Consiglio Nazionale (il riferimento è alle menzionate nota del Ministero dell’11 febbraio 2015 e determinazione del CN del 30 gennaio 2015, ndr) nell’immaginario collettivo sembri, ora, un’onta”. Ed ha proseguito: “L’art. 17 del D.lgs. 139/2005 prevede che il Consiglio possa essere sciolto, tra l’altro, “se ricorrono altri gravi motivi”: tali gravi motivi possono essere individuati allora nell’aver seguito le suddette indicazioni?” Sembra un paradosso, insomma, che “l’irregolarità” della procedura elettorale che ha – oggi - portato al riconoscimento dell’ineleggibilità del presidente dell’Ordine romano venga individuata nell’essersi attenuti – allora - agli indirizzi dettati (anche) dal Consiglio Nazionale ed ora smentiti.
Civetta si dice, inoltre, stupito dal “silenzio assordante” seguito alla decisione, sia da parte dello stesso Consiglio Nazionale che da parte degli altri 53 Ordini che si trovano in una condizione identica a quella del proprio Ordine “e dai quali mi sarei aspettato una reazione”. E si domanda cosa si sente di fare ora il Consiglio Nazionale e come intende regolarsi con i detti Ordini, commentando che la speranza è che il Ministero della Giustizia – cui ora spettano le decisioni conseguenti – operi in una condizione di maggiore obiettività “non avendo vissuto le tensioni elettorali che hanno invece coinvolto il Consiglio Nazionale che con quei voti è stato eletto”.