20 gennaio 2018

Amministratori. Impedire senza “artifici” la valida costituzione dell’assemblea non è reato

Cassazione Penale sentenza pubblicata il 19 gennaio 2018

Autore: PAOLA MAURO

La condotta meramente omissiva di impedire la valida costituzione dell’assemblea della S.p.A. non integra, in capo all’amministratore, il reato di cui all’articolo 2625 cod. civ. Lo ha stabilito la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 2310 depositata in data 19 gennaio 2018.

Il G.I.P. ha dichiarato il non luogo a procedere (art. 425 c.p.p.) nei confronti dell’amministratore di una S.p.A. in merito al delitto a lui ascritto - in concorso con altri due soggetti – di impedito controllo ex art. 2625 co. 2 cod. civ.

La norma citata stabilisce:

  • “1. Gli amministratori che, occultando documenti o con altri idonei artifici, impediscono o comunque ostacolano lo svolgimento delle attività di controllo legalmente attribuite ai soci o ad altri organi sociali, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.329 euro. 2. Se la condotta ha cagionato un danno ai soci, si applica la reclusione fino ad un anno e si procede a querela della persona offesa. 3. La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.”

Nel caso di specie, i soci querelanti hanno dedotto che le condotte tenute dall’imputato, consistite nel non consentire la valida costituzione delle assemblee delle due società del gruppo, avevano arrecato un danno, ossia la presentazione di un’istanza di fallimento e la risoluzione di un contratto di affitto di azienda.

Tuttavia il G.I.P., nel pronunciare l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”, ha evidenziato che l’ipotesi di accusa formulata (anche a esito della richiesta rivolta al P.M. di meglio specificare l’imputazione) è stata soltanto quella di avere impedito la valida costituzione delle assemblee, condotta che non rientra nel novero di quelle punite dall’art. 2625 cod. civ. e che non ha comportato né l’occultamento di documenti né la commissione di qualsiasi artificio.

Ebbene, la Suprema Corte ha reso definitiva la sentenza di assoluzione, perché nella fattispecie le condotte impeditive delle valide costituzioni delle assemblee «non solo appaiono meramente omissive – e la nozione di “artificio” comporta, invece (diversamente dal raggiro che può essere realizzato anche omettendo dati che si sarebbero dovuti comunicare alla controparte) una immutazione della realtà realizzata con una condotta attiva (tanto che si è escluso che una mera omissione possa configurare la condotta punita dall’art. 2625 cod. civ.: Sez. 6, n. 47307 del 27/09/2016, Rv. 268129) – ma sono state anche compiute nella più assoluta trasparenza societaria, utilizzando specifiche facoltà previste per i soci che possono non presenziare alle assemblee senza che ciò, di per sé, possa quindi costituire un artificio, e cioè un espediente per raggiungere un qualunque diverso risultato, nel caso di specie impedire il controllo dei soci di minoranza. Tanto più che, nel ricorso, laddove si riportano le condotte dei querelati di cui si assume il rilievo penale, si lamenta, non tanto la mancata tenuta delle assemblee, quanto il fatto che, in tali occasioni, non si era data adeguata risposta ai quesiti ed ai rilievi fatti dai querelanti.»

Per gli Ermellini, in conclusione, la sentenza impugnata è giuridicamente corretta e i ricorrenti sono stati condannati ciascuno al pagamento delle spese processuali.

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