Rimani aggiornato!
Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.
In tema di motivazione “per relationem” degli atti d’imposizione tributaria, l’avviso di accertamento notificato al Curatore fallimentare è legittimo anche qualora non vi sia allegato il prodromico processo verbale ricevuto in copia e sottoscritto dal fallito ancora “in bonis”, posto che il predetto verbale fa parte della documentazione amministrativa dell'impresa ed è lecito presumere che sia già conosciuto dal Curatore.
È quanto emerge dall’ordinanza n. 27628/2018 della Quinta Sezione Civile della Corte di Cassazione.
Il caso. In seguito a un processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza, l’Agenzia delle entrate, con tre distinti avvisi di accertamento, ha contestato una serie di movimentazioni finanziarie (prelevamenti e versamenti non giustificati in c/c), rettificando i redditi d’impresa dichiarati da una S.p.A. poi fallita, per gli anni 2000, 2001 e 2002.
La C.T.R. ha rintracciato un secondo profilo d’illegittimità nel mancato esame dell’analitica documentazione prodotta dalla curatela in sede di accertamento con adesione, essendosi l'Ufficio limitato, sia prima che dopo la notifica degli avvisi, a un «acritico e generale» richiamo alle conclusioni dell'atto compiuto dalla G.d.F.
Avverso la decisione di secondo grado l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione e ha dedotto l'erronea applicazione dell'articolo 71 dello Statuto dei contribuenti sul rilievo che l'allegazione del PVC, nella specie, non era necessaria, poiché sono opponibili al Curatore tutti gli atti compiuti nei confronti del fallito quando era “in bonis”, inclusa la notifica del processo verbale di constatazione.
Ebbene, la tesi erariale ha trovato l’avallo della Suprema Corte poiché nella giurisprudenza di legittimità è già stato chiarito che:
D’altro canto per il Supremo Collegio «non può farsi discendere l'illegittimità della pretesa impositiva dal mancato recepimento di tutte o parte delle deduzioni svolte dal contribuente nell'ambito della procedura di cui al d.lgs. n. 218/1997, posto che non sussiste nell'ambito del procedimento con adesione un obbligo giuridicamente sanzionato per l'Amministrazione di confrontarsi con le ragioni del contribuente» (v. tra le altre: Cass. Civ. Sez,. 5, n. 474/2018; Sez. un., n. 3676/2010).
In definitiva, i Massimi giudici hanno accolto il ricorso dell'Agenzia delle entrate e cassato la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. del Veneto, in diversa composizione, per nuovo giudizio.
_______________________________________________________
1Legge del 27/07/2000 n. 212
Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente
Articolo 7 - Chiarezza e motivazione degli atti
«1. Gli atti dell'amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto all'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama.
2. Gli atti dell'amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare:
a) l'ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all'atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento;
b) l'organo o l'autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell'atto in sede di autotutela;
c) le modalità, il termine, l'organo giurisdizionale o l'autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili.
3. Sul titolo esecutivo va riportato il riferimento all'eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria.
4. La natura tributaria dell'atto non preclude il ricorso agli organi di giustizia amministrativa, quando ne ricorrano i presupposti».