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La prova dello svolgimento dell'attività lavorativa nel Comune dove si trova la “prima casa” permette all’acquirente di conservare l'aliquota agevolata, in caso di trasferimento tardivo della residenza.
È quanto emerge dalla sentenza n. 344/02/2018 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio.
La controversia esaminata dai giudici laziali riguarda due coniugi che si sono resi acquirenti di un immobile nel Comune di Fiuggi e che hanno stabilito la residenza nel predetto Comune due giorni dopo la scadenza del termine di legge (diciotto mesi a far data dall'acquisto).
L’Agenzia delle entrate, in ragione del fatto che i coniugi avevano dichiarato in atto di voler trasferire la residenza e che tale trasferimento era avvenuto tardivamente, ha revocato le agevolazioni fiscali “prima casa”, con recupero delle maggiori imposte e applicazione della sanzione.
Ebbene, l’operato dell’amministrazione è stato sconfessato dalla CTP di Roma, prima, e dalla CTR del Lazio, poi, sulla base del rilievo che i contribuenti erano comunque in possesso dei requisiti necessari per fruire dell’agevolazione:
Poiché i contribuenti-coniugi non si sono costituti nel giudizio di appello, la Commissione regionale di Roma non ha disposto il rimborso delle spese del giudizio in favore dell’Agenzia delle Entrate.
In fattispecie sostanzialmente analoga, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3457/2016, ha fornito una differente interpretazione della norma agevolatrice; secondo detta ordinanza, infatti, l’acquirente, che non ha rispettato l’impegno, assunto al momento del rogito, di trasferire la propria residenza entro diciotto mesi nel Comune dove si trova l’immobile oggetto dell’agevolazione “prima casa”, decade dal beneficio, anche in presenza del requisito alternativo del luogo di lavoro. (La S.C. ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate, che aveva lamentato la violazione e falsa applicazione di legge, laddove la CTR del Lazio ha disposto l’annullamento dell’atto di revoca dell’agevolazione “prima casa”, ritenendo sufficiente la prova dello svolgimento dell'attività lavorativa da parte del contribuente nel Comune di ubicazione dell'immobile. La difesa erariale ha sostenuto che non è ammissibile la prevalenza della realtà fattuale su quella formale, e i giudici di legittimità gli hanno dato ragione).