Districarsi nei percorsi sempre più insidiosi delle Fake News è, di questi tempi, già di per sé un gran rischio ed una gran fatica; confrontarsi con notizie che nel tragitto dalla fonte ai diversi canali di diffusione subiscono tagli, sintesi, crasi ed omissioni può sembrare un fastidioso accanimento, soprattutto ove ne consegua un diluvio di polemiche che il più delle volte lasciano davvero il tempo che trovano.
Lo dimostra la vicenda del braccialetto elettronico di Amazon che, in soli due giorni, ha assunto dimensioni talmente ridondanti da occupare le prime pagine di ogni quotidiano.
Come nel gioco del “telefono senza fili”, in cui la voce – passando d’orecchio in orecchio – si distorce e si travisa, dall’idea si è subito arrivati alla condanna, processando – nel mezzo – l’intenzione.
Già, perché la storia del famigerato braccialetto inizia due anni fa, quando Amazon, “giocando d’anticipo”, deposita il brevetto di uno strumento che, al fine di velocizzare le procedure di evasione degli ordini, consente il monitoraggio degli addetti all’interno dei magazzini di stoccaggio.
Questo è, dunque, il primo elemento – non trascurabile – della vicenda: la funzione del braccialetto non è quella di controllare i lavoratori ma, com’è peraltro spiegato sulle stesse note di richiesta del brevetto, quella di aiutare i dipendenti a trovare la giusta merce sugli scaffali dei magazzini. I braccialetti andrebbero ad interfacciarsi con dei sensori collocati sugli scaffali dei prodotti in modo da verificare in tempo reale se i dipendenti stiano prendendo quello giusto. Servirebbero quindi a misurare la posizione della mano dell’addetto rispetto allo scaffale, emettendo delle vibrazioni, nel caso in cui venga preso il prodotto sbagliato.
L’immediata evocazione della cavigliera d’acciaio portata dagli schiavi o del braccialetto elettronico impiegato per il controllo dei detenuti in libertà vigilata ha però subitaneamente generato le accuse ad Amazon di voler, così, controllare i movimenti dei suoi dipendenti. Argomento di facile presa, peraltro, nel contesto delle non lontane proteste (l’ultima è stata quella del black Friday del 24 novembre scorso) mosse contro l’azienda anche dai dipendenti della sede italiana, che hanno reclamato un miglior trattamento economico a fronte di turni di lavoro eccessivamente impegnativi (straordinari, turni di lavoro notturno e settimane lavorative di sei giorni su sette con stipendi che si aggirano intorno ai 1200€ mensili su quattordici mensilità, secondo le notizie circolanti).
Secondo elemento: la richiesta di brevetto del braccialetto viene fatta da Amazon per accaparrarsene – intanto - la priorità, qualora, in un futuro prossimo, decidesse di produrlo ed impiegarlo. Una strategia di mercato, se volgiamo, peraltro non inconsueta per le grandi aziende, che di frequente, anzi, depositano moltissimi brevetti al solo fine di avvantaggiarsi sulla concorrenza senza che poi, di fatto, ne mettano in atto l’impiego concreto.
Un’ipotesi o un’intenzione, dunque, senza la manifesta volontà, almeno ad oggi, di attuarne l’uso, tanto più che il riconoscimento della validità del brevetto è stata ottenuta solo qualche giorno fa.
Il diluvio di polemiche è stato, però, in un certo senso anch’esso preventivo, accompagnato dalla necessità di dover subito chiarire che l’uso di quello strumento non sarà mai consentito sui lavoratori italiani poiché – si precisa dal Ministero del Lavoro – “in Italia c’è una regolazione per legge degli strumenti che ipoteticamente consentono il controllo a distanza quindi se un’azienda intende utilizzare strumenti del genere deve farlo nel rispetto della legge o in accordo con i sindacati o con l’autorizzazione del ministero”.
Quindi è immediatamente partita la crociata dei politici italiani.
Azione encomiabile, certo, ove si fosse di fronte ad un pericolo concreto. Ma è invece singolare notare come spesso anche il più nobile degli intenti si travesta da pretesto per lanciare accuse all’operato dei concorrenti, andando a ricercare nei presunti difetti di interventi normativi passati o programmi di bandiera futuri la gogna cui serrare azioni a turno non condivise dagli opposti schieramenti.
E’ toccato alle “possibili” vittime di Amazon oggi come ieri era toccato alla diciottenne il cui corpo è stato trovato all’interno di una valigia abbandonata nel maceratese: attraverso tortuosi e azzardati percorsi si è in qualche modo trovata la maniera di ricondurre le “colpe” di detti accadimenti ad inefficienze imputabili alle politiche assecondate dagli opposti colori di partito, quella sulle occupazioni o quella sui migranti, nello specifico.
Ma è evidente che è difficile pretendere obiettività, concretezza e senso comune in piena campagna elettorale.