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Nel focus sulle criticità della riforma del Terzo settore (D. Lgs. n. 117/2017 - Codice del Terzo settore), pubblicato dal CNDCEC nell’aprile 2019, ci si sofferma, tra l’altro, sul nuovo sistema di tassazione e sulla sua entrata in vigore. La Circolare emanata dal CNDCEC (coadiuvato dal “Gruppo di lavoro per la riforma del Terzo settore” e da qualificati specialisti esterni), recante, appunto, “Riforma del Terzo settore: elementi professionali e criticità applicative”, dedica, infatti, ampio spazio al nuovo regime fiscale, analizzandone criteri, aspetti più propriamente tecnici, nonché il regime transitorio della disciplina fiscale.
Il nuovo regime fiscale
Il regime fiscale degli enti del Terzo settore (ETS), diversi dalle imprese sociali, è disciplinato dal Codice del Terzo settore (CTS) nel Titolo X (articoli 79- 89). Le nuove disposizioni, inoltre, prevedono l’applicazione agli ETS delle norme IRES, di cui al Titolo II del TUIR, in quanto compatibili, “rimanendo ancorata la soggettività fiscale di un ETS, come per il passato, alla commercialità o meno delle attività svolte”.
Secondo i commercialisti, rimane una certa complessità del sistema tributario con l’introduzione di un vero e proprio “doppio binario”, in quanto gli ETS dovranno applicare sia le nuove norme fiscali del CTS, anche di tipo agevolativo, sia le previsioni del TUIR, tra cui quelle di determinazione della base imponibile IRES in quanto enti commerciali (capo II) ovvero non commerciali (capo III), fatte salve le disapplicazioni, le abrogazioni e previsioni di coordinamento generale (anche per i “non ETS”) introdotte dal nuovo Codice.
Una volta operata la corretta qualificazione tributaria, l’ETS, se commerciale, dovrà determinare il proprio reddito in base al principio di attrazione al reddito d’impresa di tutte le tipologie reddituali prodotte ovvero, se non commerciale, procedere alla sommatoria dei redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione secondo le disposizioni dell’articolo 8 del TUIR.
Esaminando le nuove disposizioni, il CNDCEC osserva che, nell’attuazione della riforma, viene meno quella “revisione complessiva della definizione di ente non commerciale ai fini fiscali connessa alle finalità di interesse generale perseguite dall'ente” prevista dalla legge delega (articolo 9, comma 1, lett. a), Legge n. 106/2016), senza alcuna introduzione di un regime tributario di vantaggio (o di una qualifica fiscale “agevolata” in termini impositivi) connesso all’impatto sociale generato.
Il Consiglio Nazionale sottolinea di aver evidenziato, in sede di audizioni parlamentari al primo schema di CTS, come il nuovo sistema tributario non rispondesse appieno ai criteri direttivi della delega. Variano, invece, i parametri per stabilire la natura e la rilevanza fiscale, commerciale o non commerciale, delle attività di interesse generale (articolo 5 del CTS), anche in relazione alle modalità gestionali adottate, mentre, le attività diverse, secondarie e strumentali (articolo 6 del CTS), sono sempre da considerarsi produttive di reddito d’impresa.
I commercialisti, al contempo, segnalano favorevolmente la possibilità per l’ente di svolgere un’attività di interesse generale in forma d’impresa, anche in via esclusiva o prevalente, mantenendo la natura di ETS. Ciò, tuttavia, - scrive il Consiglio Nazionale - comporterà il mutamento della qualifica da ente “non commerciale” a ente “commerciale” con ogni conseguenza in termini di fiscalità (oltreché di contabilità e di bilancio), nel caso in cui siano superati i parametri di cui all’articolo 79 del CTS. Qualora l’ente abbia strutturalmente una configurazione “d’impresa”, svolgendo attività organizzata e corrispettiva con adeguati margini di risultato, potrà valutare l’opportunità e la convenienza ad assumere la qualifica di “impresa sociale”, rientrante pur sempre nel novero degli ETS.
È bene precisare che, tutte le disposizioni fiscali del CTS, di cui al Titolo X, incluse quelle di coordinamento normativo (articolo 89 del CTS) e quelle abrogative o modificative di norme tributarie (articolo 102, comma 2, CTS), si applicano dal periodo d’imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea e comunque non prima di quello successivo all’operatività del RUNTS (articolo 104, comma 2). Sono fatte salve, ai sensi dell’articolo 104, comma 1, del CTS, alcune deroghe espresse per diverse agevolazioni fiscali già in vigore dal 1° gennaio 2018 (articoli 77, 78, 81, 82, 83, 84, comma 2, 85, comma 7, 102, comma 1), solo per le ODV, le APS e le ONLUS.
Il documento del CNDCEC esamina, successivamente, diversi aspetti del nuovo regime fiscale, soffermandosi: sui criteri di determinazione del reddito e disapplicazione di norme tributarie; sulle attività commerciali, non commerciali e decommercializzazioni; sulla nuova qualifica fiscale di ETS non commerciale e criterio della prevalenza; sull’esame degli aspetti di fiscalità per le ONLUS; sul regime forfetario; sulle scritture contabili ai fini tributari; sulle imposte indirette e tributi locali; sulle deduzioni e detrazioni e sul social bonus.
Regime transitorio della disciplina fiscale
Per concludere l’esame della nuova disciplina fiscale, la Circolare si sofferma sul regime transitorio di tale disciplina. In termini generali, l’efficacia normativa della disciplina fiscale di carattere strutturale (di cui al Titolo X del D. Lgs. n. 117/2017), è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea, nonché all’operatività del RUNTS. In particolare, come si evidenzia nella Circolare, è subordinata all’autorizzazione comunitaria l’efficacia delle seguenti disposizioni fiscali:
A tal proposito, la Circolare riassume brevemente le principali modifiche apportate ai regimi fiscali previgenti al Codice, suddivise in base ai diversi articoli del CTS che dispongono dette modifiche e/o abrogazioni.