3 febbraio 2018

Crowd work: il lavoro all’asta sul web

Autore: ANTONIO GIAMPAOLO

L’economia digitale, ed in particolare la sharing economy, ha sensibilmente cambiato il mercato del lavoro ideando nuove forme di lavoro digitale. Tra le varie forme, il crowd working, è quello ampiamente riconosciuto ed utilizzato.

“Il terreno è ancora inesplorato e, ammesso che ci siano rischi, bisogna attrezzarsi per governarli. La forza di questo segmento del lavoro digitale si fonda sulla parcellizzazione: si affidano a una ‘folla’ microparti di un progetto, una sorta di esternalizzazione globale, per poi tirare la fila laddove ha sede la mente”, ha commentato Antonio Aloisi, ricercatore di Diritto del lavoro alla Bocconi.

Il crowd working non è altro che uno dei tanti frutti che, ci ha dato e ci sta dando, l’era digitale. Si tratta di un meccanismo in cui, chi ha bisogno, cioè il consumatore, di un servizio specializzato, si collega ad un portale specializzato, inoltra la sua richiesta, fissa il compenso che è in grado di erogare ed il gioco è fatto. Sarà poi compito dei lavoratori specializzati iscritti al portale, rispondere alla codesta richiesta. Può succedere, in determinati casi, ci si imbatta in una vera e propria asta.

E’ il caso di una piattaforma di web designer dove sono stati messi all’asta dei progetti e, quello più “votato”, si sarebbe aggiudicato la ricompensa. Così agendo vince la competizione.

“Prima dell’avvento di internet, ti sarebbe stato particolarmente difficile trovare qualcuno disponibile a lavorare per te dieci minuti per essere poi subito licenziato. Ma grazie a queste tecnologie ora puoi effettivamente trovare qualcuno, corrispondergli un compenso irrisorio per poi sbarazzartene non appena non ne hai più bisogno” ha sottolineato Lukas Biewald, amministratore delegato della piattaforma CrowdFlower.

Queste piattaforme, sulla base delle loro caratteristiche, hanno lo scopo di attirare due tipologie di lavoratori: in primis colui che essendo, ormai, fuori dal mercato del lavoro cerca, con le sapienze, di reinventarsi; in secondo luogo, il professionista autonomo specializzato su una determinata materia che cerca di vendere le proprie sapienze non ad un ristretta cerchia di mercato, ma aspirando, principalmente ad un mercato più globale.

Come tutte le novità, anche questa presenta dei benefici e dei rischi. Per quanto attiene i benefici possono essere sintetizzati così:

  • consente di sviluppare occupazione nelle arie meno sviluppate e deindustrializzate (ad esempio al Sud);
  • consente di poter conciliare la vita lavorativa con i tempi della vita quotidiana, scegliendo di lavorare in autonomia e in remoto (quando è possibile);

Per quanto attiene, invece, ai rischi sono la maggior parte racchiusi nella mancanza di tutela dei crowd workers.
Le piattaforme che svolgono la predetta funzione sono tantissime, ma solo poche riescono a sopravvivere nel mercato; o meglio sopravvivono solo quelle con una struttura di business importante. Molte di esse si occupano soprattutto di turismo, servizi alle aziende e trasporti.

Per quanto riguarda la normativa che disciplina taluni lavoratori, possiamo dire che:

  • in Germania i crowd workers sono considerati, in parte, come persone simili ai lavoratori subordinati. Nell’altra visione, questi, vengono qualificati come consumatori, ai quali viene applicata la protezione sociale facente riferimento allo statuto del consumatore;
  • l’Inghilterra, invece, considera i crowd workers come lavoratori che godono di regole basilari riconducibili al lavoro dipendente, pur non essendolo in senso stretto.

In Italia, la giusta direzione sarebbe quella di istituire uno Statuto dei lavoratori comune a tutti, inserendo i soggetti appartenente ai lavoratori subordinati, indipendenti e parasubordinati. Infatti, le recenti norme in materia di diritto del lavoro, ed in particolare, al lavoro indipendente estendono alcuni diritti basilari di cui godono i subordinati.

Agendo in questo modo, si dovrà cercare di adattare la disciplina sul lavoro ai cambiamenti tecnologici in atto da un paio di anni ad oggi.
Dunque, dalle dimensioni di questa nuova forma di lavoro non si hanno ancora delle cifre ben definite, ma viene stimato, sulla base degli iscritti a queste piattaforme specializzate, che oltre 2 milioni di italiani arriverà per guadagnare almeno la metà del proprio reddito dalle predette piattaforme.

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