Rimani aggiornato!
Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.
Niente più disguidi postali o ritardi di consegne: le raccomandate provenienti dalle Pubbliche Amministrazioni e le loro cartoline di avviso sembra che siano destinate a finire in archivio (intendendo proprio quello cartaceo!) per cedere il posto ai loro successori digitali. Nella serata dello scorso 11 dicembre il Consiglio dei Ministri ha difatti approvato un nuovo decreto che – in attesa dell’ancora travagliata nascita dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, il progetto di unificazione delle varie anagrafi territoriali, - ne anticipa una parte, prevedendo l’istituzione di un Registro del Domicilio Digitale.
Secondo la previsione dell’articolo 3-bis del C.A.D. - Codice dell’Amministrazione Digitale (D.Lgs. 7 marzo 2005 n. 82) - che ancora attende di essere compiutamente attuato - "Al fine di facilitare la comunicazione tra pubbliche amministrazioni e cittadini, è facoltà di ogni cittadino indicare alla pubblica amministrazione [...] un proprio indirizzo di posta elettronica certificata quale suo domicilio digitale". Tale domicilio digitale deve poi essere inserito nell'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) e reso disponibile a tutte le pubbliche amministrazioni e ai gestori o esercenti di pubblici servizi.
Secondo la previsione del successivo comma 4 dello stesso articolo, l’Anagrafe avrebbe dovuto essere già operativa, poiché: "a decorrere dal 1° gennaio 2013, […] le amministrazioni pubbliche e i gestori o esercenti di pubblici servizi comunicano con il cittadino esclusivamente tramite il domicilio digitale dallo stesso dichiarato".
Nella realtà, ad oggi sono soltanto le imprese ed i professionisti ad essere obbligati ad avere un indirizzo Pec per le loro comunicazioni con Agenzie di riscossione, Equitalia, Enti Pubblici, mentre i privati cittadini possono – relativamente alle istanze rivolte alla P.A. che richiedono il supporto di un professionista – “mutuare” l’indirizzo PEC di quest’ultimo per ricevere comunicazioni anziché acquisirne uno proprio.
Con il decreto appena approvato, viene pertanto di fatto anticipata la dotazione di una PEC (e dunque di un domicilio digitale) a tutti i cittadini, indipendentemente dall’avvenuto completamento dell’ANPR. Infatti, come si accennava, esso punta a dotare ogni cittadino di un indirizzo di posta certificata, che dovrà essere inserito in un nuovo Registro Nazionale dei Domicili Digitali per le persone fisiche, alla cui realizzazione provvederà Infocamere, secondo quanto dichiarato da Guido Sforza, responsabile Affari regolamentari del Team per la trasformazione digitale della presidenza del Consiglio.
Dunque ogni singolo cittadino, associazione o ente potrà (perché si tratta comunque di una scelta volontaria) recarsi presso Infocamere - società di informatica delle Camere di commercio italiane – registrarsi e scegliersi un domicilio digitale, fornendo un qualsiasi indirizzo di posta elettronica certificata o equivalente, dove potrà e dovrà ricevere anche ogni comunicazione avente valore legale della pubblica amministrazione. Difatti, una volta che detti recapiti siano stati acquisiti dalla P.A., le comunicazioni tra questa ed il cittadino avverranno esclusivamente a mezzo di posta certificata, poiché per le Amministrazioni il loro impiego sarà obbligatorio.
Un innegabile vantaggio in termini di certezza della consegna e rapidità degli scambi, considerando anche la conseguente eliminazione delle code agli sportelli. La forzatura è, però, la necessità di dover attivare un servizio a pagamento, rivolgendosi a fornitori privati, poiché ormai da tempo l’attribuzione della PEC non è più un servizio garantito dal Governo.
A ciò si aggiunga la difficoltà di quell’ampia fascia di popolazione che, non appartenendo alla generazione dei nati digitali, continuerà ad essere restia a ricorrere a strumenti “intangibili” rispetto alla solida certezza di una busta recapitata da un postino o da un ufficiale giudiziario!
La completa definizione del Registro dei Domicili Digitali dovrebbe avvenire entro la primavera 2018.
Il decreto in parola ha anche introdotto ulteriori correzioni al CAD: l’istituzione di un unico difensore civico digitale che sostituirà analoghe figure che avrebbero dovuto essere istituite presso tutte le amministrazioni statali ma che ad oggi non sono state individuate. La sua funzione sarà quella di agevolare l’attuazione dei diritti previsti dal Codice, esercitando un intervento “persuasivo” su coloro verso cui dirigerà i suoi interventi.
E, ancora, il riutilizzo di software da parte della Pa: le nuove norme prevedono che si dovrà pubblicare tutto il software dei cui diritti la pubblica amministrazione dispone in un unico sito, con descrizione, codice, licenza e documentazione; gli enti pubblici dovranno pertanto verificare l’esistenza di prodotti già adatti alle loro esigenze prima di commissionarne di nuovi.