15 febbraio 2018

Giacenze di magazzino: il valore dei tabulati extracontabili

Autore: Giovambattista Palumbo

La documentazione extracontabile reperita presso la sede dell'impresa costituisce elemento probatorio, sia pure presuntivo, utilmente valutabile. Era quindi errato attribuire valore decisivo alla mancanza di "rilievo fiscale" del tabulato interno, essendo piuttosto necessaria la verifica della attendibilità del tabulato stesso. E per tale verifica il riscontro effettivo delle giacenze di magazzino non era un’operazione imprescindibile.

Il caso - La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 617 del 12/01/2018, ha affermato rilevanti considerazioni in tema di controlli delle giacenze di magazzino e rilevanza della documentazione interna dell’impresa.

Nel caso di specie i verificatori avevano acquisito un tabulato meccanografico, riportante la situazione delle merci, sulla base del quale quantificavano il valore delle merci giacenti in magazzino, con una differenza di lire 664.922.191 tra la giacenza contabile e la giacenza effettiva, da imputare ad acquisti senza fattura.

L'Agenzia delle Entrate, con apposito avviso di accertamento, chiedeva quindi la maggiore IVA sugli acquisti, nonché la maggiore IVA sulle vendite (ritenendo venduti in nero i beni acquistati in nero).

In accoglimento dell'impugnazione della società, la CTP annullava però l'avviso di accertamento, negando attendibilità al già menzionato tabulato. E la CTR confermava poi la sentenza appellata dall’Agenzia.

Secondo i giudici di merito era infatti pacifico che il volume d'affari, oggetto di avviso di accertamento, fosse stato ricavato sulla base di un tabulato interno della ditta privo di rilievo fiscale.

La ditta, che non era soggetta all'obbligo di contabilità del magazzino, aveva peraltro inutilmente invitato i verificatori ad effettuare il riscontro effettivo delle giacenze di magazzino, al fine di accertare la reale consistenza del volume di affari.

E di conseguenza, secondo la CTR, il metodo impiegato dall'Ufficio per determinare il volume d'affari non era attendibile, in quanto aveva acriticamente attribuito ad un mero atto interno di gestione del magazzino la natura di atto fiscalmente rilevante, senza procedere ad ulteriore oggettivo riscontro.

L'Agenzia delle Entrate ricorreva infine in Cassazione, deducendo la violazione degli artt. 54 d.P.R. 633 del 1972, nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., ed affermando che il tabulato era un inventario del magazzino di provenienza della parte e in quanto tale ben poteva fondare la presunzione relativa in ordine alla quantità delle merci in scadenza e al loro valore.

Si trattava, infatti, secondo l’Agenzia, di documento extracontabile di rilevazione degli accadimenti aziendali idoneo a farne presumere l'esistenza, salva la dimostrazione, da parte del contribuente, della sua inattendibilità.

Tenuto conto del valore probatorio del documento, era quindi irrilevante che i verbalizzanti non avessero proceduto a verificare materialmente le giacenze di magazzino.

E del resto, proprio trattandosi di documento interno destinato alla rilevazione dei fatti aziendali, secondo un canone di verosimiglianza e ragionevolezza, doveva essere ritenuto contenere la rilevazione esatta di tali accadimenti, salvo appunto prova contraria da parte dell'imprenditore, anche a prescindere dalla sua natura di documento contabile obbligatorio.

La decisione - Secondo la Suprema Corte il ricorso era fondato.
La valutazione della CTR, secondo i giudici di legittimità, contrastava infatti con il testo dell'art. 54, comma 2, d.P.R. 633 del 1972, che permette di desumere indirettamente le omissioni e le false o inesatte indicazioni dalle risultanze, dati e notizie acquisite anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.

E la giurisprudenza costante della Corte insegna che la documentazione extracontabile, legittimamente reperita presso la sede dell'impresa, ancorché consistente in annotazioni personali dell'imprenditore, costituisce elemento probatorio, sia pure meramente presuntivo, utilmente valutabile, indipendentemente dal contestuale riscontro di irregolarità nella tenuta della contabilità e nell'adempimento degli obblighi di legge.

Qualora pertanto, a seguito di ispezione, venga rinvenuta presso la sede dell'impresa documentazione non obbligatoria astrattamente idonea ad evidenziare l'esistenza di operazioni non contabilizzate, tale documentazione, pur in assenza di irregolarità contabili, non può essere ritenuta di per sé probatoriamente irrilevante dal giudice.

E in tale contesto, anche i documenti informatici (cosiddetti "files"), estrapolati legittimamente dai computer nella disponibilità dell'imprenditore (come era avvenuto nel caso di specie, con la stampa del tabulato), nei quali sia contenuta contabilità non ufficiale, costituiscono, in quanto scritture dell'impresa stessa, elemento probatorio, sia pure meramente presuntivo, utilmente valutabile, salva la verifica della loro attendibilità.

Conclusioni – Era quindi errato attribuire valore decisivo alla mancanza di "rilievo fiscale" del tabulato interno, essendo piuttosto necessaria la verifica della attendibilità del tabulato stesso; verifica per la quale il riscontro effettivo delle giacenze di magazzino non era affatto un’operazione imprescindibile.

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