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Le sanzioni vanno disapplicate quando il contribuente è incorso in errore a causa della norma poco chiara, che neanche i documenti di prassi e la dottrina interpretano in maniera univoca. È quanto emerge dalla Sentenza n. 18405/2018 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione.
Una Società ha ricevuto un avviso di accertamento per maggiori imposte innescato dalla violazione dell’art. 60 (ora 93), comma 2, ult. periodo, del TUIR, in materia di valutazione delle rimanenze finali delle opere, delle forniture e servizi di durata ultra annuale.
La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, a conferma della sentenza di primo grado, ha dichiarato legittima sia la ripresa a tassazione sia la sanzione pecuniaria contestualmente irrogata.
Ebbene, all’esito del giudizio in Cassazione la decisione della CTR capitolina è stata annullata senza rinvio, limitatamente alla domanda della contribuente di disapplicazione delle sanzioni, ai sensi degli artt. 8, D.lgs. n. 546/92 e 6, comma 2, D.lgs. n. 472/97, in quanto nella specie la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria.
Scrivono gli Ermellini che «nella fattispecie sussistono le obiettive condizioni di incertezza nell’applicazione dell’art. 60 del Tuir idonee ad escludere la funzionalità della condotta. Ciò in quanto da un lato la norma in sé non è chiara poiché non consente di pervenire alla distinzione basata su dati obiettivi dei pagamenti effettuati a seguito di stati di avanzamento e di quelli effettuati a titolo di acconto, dall’altro mette conto considerare che sussisteva incertezza in ordine alla prassi indicata dall’amministrazione finanziaria con circolari e note sia in ordine all’interpretazione dottrinale delle norme, di talché le sanzioni non appaiono dovute».