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La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13375 del 17 maggio 2019, torna ad affrontare la questione della notifica degli atti.
Il fatto
Il contribuente ricorre avverso la sentenza con la quale la CTR della Toscana ha dichiarato inammissibile per tardività l'appello proposto dalla contribuente nei confronti della decisione di prime cure, avente ad oggetto avvisi di accertamento relativi ad IRPEF, IRAP ed IVA per gli anni d'imposta 2004-2005.
Il giudice d'appello, per quanto qui rileva, ha fondato la pronuncia di inammissibilità dell'appello sulla base dei seguenti elementi:
Parimenti risulta infondato per la Corte il secondo profilo di doglianza attinente l'esito della notificazione e la ricezione della stessa, non avendo pregio quanto dedotto dalla ricorrente, “in merito alla inesistenza di un rapporto di lavoro subordinato intercorrente tra il destinatario della notifica ed il soggetto che ne ha curato la ricezione, posto che il Collegio ritiene, sul punto, di dover dare continuità ad un orientamento giurisprudenziale consolidato (Cass. n. 239/07 -Cass. n. 84/10 - Cass. n. 5220/14) secondo il quale, nel caso, quale la fattispecie che occupa, di consegna a persona qualificatasi (secondo le dichiarazioni rese all'ufficiale giudiziario e dal medesimo riportate nella relata di notificazione) quale dipendente del destinatario o addetto allo studio del medesimo, l'intrinseca veridicità di tali dichiarazioni e la validità della notificazione non possono essere contestate sulla base del solo difetto di un rapporto di lavoro subordinato tra i predetti soggetti, essendo sufficiente che esista una relazione tra consegnatario e destinatario idonea a far presumere che il primo porti a conoscenza del secondo l'atto ricevuto”.
Di conseguenza, “tali presunzioni non possono essere superate dalla circostanza, provata a posteriori, che la persona che aveva sottoscritto l'avviso di ricevimento lavorava, sia pure nella predetta sede, alle dipendenze esclusive di altro, se non accompagnata dalla prova che il medesimo consegnatario non era addetto nei medesimi locali ad alcun incarico per conto o nell'interesse del destinatario. Nella specie, la comprovata sussistenza, da parte della ricorrente, di un rapporto di lavoro subordinato intercorrente tra il soggetto che ha ricevuto la notifica ed altro soggetto, diverso dal destinatario, avente lo studio nello stesso indirizzo del recapito della notifica, non possiede carattere conducente, atteso che la ricorrente non ha, del pari, offerto elementi di prova tali da escludere che il consegnatario fosse incaricato dal destinatario di ricevere la posta indirizzata a quest'ultimo”.
Brevi note
La sentenza che si annota appare particolarmente interessante e sostanzialmente conforme ad un recente pronunciamento, la sentenza n. 7638 del 28 marzo 2018, dove l’atto era stato consegnato ad una persona che si era qualificata al messo notificatore come “collaboratrice ed autorizzata al ritiro”, apponendo la propria sottoscrizione per ricevuta, e alla sentenza n. 27587 del 30 ottobre 2018, dove l’atto era stato consegnato ad una tizia, qualificatasi come coniuge, mentre quest'ultimo era sposato con un'altra persona.