17 gennaio 2018

La nuova era dei pagamenti digitali

Autore: ESTER ANNETTA

PSD2: questa sigla, che a prima vista parrebbe evocare il nome di una nota consolle per videogiochi, è l’acronimo di Payment Services Directive, il nuovo sistema di Pagamenti Digitali che, dallo scorso 13 gennaio, è entrato in vigore nei Paesi della Comunità Europea, a seguito del recepimento della direttiva (UE) 2015/2366 del 25 novembre 2015, con la quale sono state revisionate le precedenti disposizioni introdotte con la PSD nel novembre 2009 (Direttiva 2007/64/CE) ed attuato il Regolamento (UE) n.751/2015 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2015 relativo alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carta (il c.d. IFR, Interchange Fee Regulation).

L’indicata direttiva del 2015 era entrata in vigore il 13 gennaio 2016 ed agli Stati membri era stato concesso un anno di tempo (fino al 13 gennaio 2018, dunque), per recepirla e trasporla nei propri ordinamenti. L’Italia vi ha provveduto con decreto legislativo dello scorso 11 dicembre 2017, all’esito dei pareri parlamentari acquisiti sullo schema approvato durante il C.d.M. del 15 settembre 2017.

Il principale obiettivo della Direttiva è quello di creare un mercato unico ed integrato dei servizi di pagamento, uniformando le regole per gli istituti bancari e per i nuovi PSP sorti con l'avvento del digitale. La PSD2 consentirà infatti di abbattere le barriere all'ingresso di nuovi operatori, abilitando nuovi servizi di pagamento, e contribuirà a rafforzare la sicurezza del sistema, garantendo trasparenza ed una corretta concorrenza.

Nella pratica, il ricorso a tale nuovo sistema di pagamento consentirà al cliente/correntista di autorizzare i nuovi fornitori di tale servizio (i c.d. PISP, Payment Initiation Service Providers) a chiedere informazioni alla propria banca per effettuare una transazione, ottenendo indicazioni su saldo contabile, saldo disponibile, movimenti, intestazione del rapporto.

Rispetto alla precedente Direttiva (ed al primo PSD) le nuove disposizioni hanno inteso incrementare la trasparenza e la tutela per i nuovi prestatori di servizi di pagamento e per i consumatori, intervenendo principalmente in due ambiti:

  • l’impiego del credito telefonico come mezzo di pagamento per alcune tipologie di beni e servizi: sono stati meglio definiti i criteri in base ai quali un operatore di rete possa consentire - in deroga alle norme sui servizi di pagamento - l’impiego del credito telefonico (prepagato o con addebito in bolletta) anche per operazioni di pagamento effettuate per attività di beneficenza o per l’acquisto di biglietti del trasporto pubblico locale, purché siano rispettati specifici massimali d’importo per singola transazione o mensilmente;
  • la riformulazione delle ipotesi in cui è possibile il ricorso alle nuove modalità di pagamento anche per gli strumenti cc.dd. “a spendibilità limitata” (quali ad esempio le carte privative in uso presso la Grande Distribuzione), rispetto ai quali è stato dunque ampliato il perimetro delle possibili deroghe ai precedenti limiti di utilizzo, quali erano: l’importo massimo del transato annuale superato il quale è necessario notificare alle Autorità competenti l’esercizio del servizio in deroga; la limitatezza delle reti commerciali in cui sono utilizzabili; la gamma di beni e servizi acquistabili; l’utilizzo per specifici scopi sociali.

Come si accennava, la Direttiva del 2015 ha anche attuato l’IFR, il Regolamento sulle interchange fee, cioè le commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carta, fissando dei limiti che non possono essere superati: lo 0,2% e lo 0,3% del valore dell’operazione, per l’impiego, rispettivamente, di carte di debito o di credito consumer.

Per le sole “operazioni nazionali” con carte di debito, Il Decreto di recepimento emanato dal nostro Governo ha peraltro anche disposto che, fino al dicembre 2020 i prestatori di servizi di pagamento potranno applicare una commissione interbancaria non superiore all’equivalente dello 0,2% calcolato però sul valore medio annuo di tutte le operazioni nazionali attraverso carta di debito all’interno di ciascuno schema di carte di pagamento. Inoltre, saranno tenuti ad applicare, per tutti i tipi di carte, commissioni di importo ridotto per i pagamenti fino a 5 euro rispetto a quelle applicate alle operazioni di importo pari o superiore, così da promuovere l’utilizzo delle carte anche per cifre molto basse.

Altre novità introdotte con il decreto di recepimento riguardano:

  • la riduzione da 150 a 50 euro della franchigia sulle operazioni non autorizzate (carte di credito o bancomat smarriti o rubati): in tali casi, peraltro, la banca dovrà provvedere al rimborso entro le 24 ore successive, salvo poi provare la grave negligenza o la frode del cliente o del prestatore di servizi di pagamento;
  • la conferma e l’ampliamento del divieto di applicare un sovrapprezzo per l’uso di un certo strumento di pagamento (“divieto di surcharge”);
  • l’introduzione della figura dell’”aggregatore di informazioni” o Aisp (Account information services providers), un soggetto che, previa autorizzazione del correntista, si collegherà a tutti i conti bancari del cliente per recuperare informazioni e per avere una situazione finanziaria aggiornata. Lo scopo – come si legge nella relazione di accompagnamento del Governo al recepimento della normativa Ue – è quello di fornire alla clientela “servizi informativi sui conti che consentiranno a un utente di un servizio di pagamento di avere una panoramica della propria situazione finanziaria in qualsiasi momento, permettendo agli utenti di gestire meglio le proprie finanze personali”.

Banca d’Italia e - per alcune specifiche disposizioni - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sono le autorità nazionali che si occuperanno di vigilare sull’osservanza delle disposizioni di attuazione della direttiva e del regolamento comunitari.

Va peraltro sottolineato che i contenuti della riforma non sono tutti immediatamente operativi: da subito sono in vigore le norme su trasparenza, tetti alle commissioni e franchigie, come sopra illustrate; mentre occorreranno 18 mesi prima che diventino operativi i PISP, dovendosi preventivamente approntare l’infrastruttura tecnologica necessaria, soprattutto in relazione alla sicurezza informatica.

Altra questione è poi, da un punto di vista meramente pratico, quella dell’effettiva preparazione delle Banche ad accogliere le novità introdotte, considerato che un sondaggio condotto qualche mese fa da PwC tra le 39 maggiori banche europee dislocate in 18 Paesi diversi ha rivelato che il 38% del campione risultava ancora nella fase preliminare di identificazione dei possibili impatti legati alle nuove norme, mentre solo il 9% aveva già avviato la fase di implementazione dei requisiti della Psd 2.

Ancora una volta sarà dunque la prova dei fatti a dar ragione a risultati per ora solo pronosticati.

 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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