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La Corte di Cassazione (Sez. 5., Ord. n. 19958/2018) ha sostenuto che:
Invece, nelle ipotesi di c.d. irreperibilità assoluta, relative al trasferimento del contribuente in Comune diverso da quello in cui lo stesso aveva il domicilio fiscale, la disposizione dell'art. 60, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973 richiede, accanto al deposito dell'atto nella casa comunale, l'affissione dell'avviso nell'Albo e il decorso del termine di otto giorni dalla data di affissione.
La giurisprudenza di legittimità, affrontando il tema delle modalità che il messo notificatore o ufficiale giudiziario devono seguire per attivare in modo rituale il meccanismo notificatorio di cui alla lett. e) dell'art. 60 c.1 dpr n.600/73 in caso di irreperibilità assoluta, ha ritenuto che il messo notificatore, prima di procedere alla notifica, deve effettuare nel Comune del domicilio fiscale del contribuente le ricerche volte a verificare la sussistenza dei presupposti per operare la scelta, tra le due citate possibili opzioni, del procedimento notificatorio, onde accertare che il mancato rinvenimento del destinatario dell'atto sia dovuto a irreperibilità relativa ovvero ad irreperibilità assoluta in quanto nel Comune, già sede del domicilio fiscale, il contribuente non ha più né abitazione, né ufficio o azienda e, quindi, mancano dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l'atto (Cass. n. 6911/2017).
Con riferimento alla previa acquisizione di notizie, e/o al previo espletamento delle ricerche, è stato evidenziato che «nessuna norma prescrive quali attività devono esattamente essere a tal fine compiute, né con quali espressioni verbali ed in quale contesto documentale deve essere espresso il risultato di tali ricerche, purché emerga chiaramente che le ricerche sono state effettuate, che sono attribuibili al messo notificatore e riferibili alla notifica in esame» (cfr. Cass. sent n. 20425/2007).
Si aggiunga che le attestazioni dell’agente notificatore fanno piena prova fino a querela di falso, e tale prova – afferma ancora la Suprema Corte - «non è inficiata dai certificati anagrafici che, attestando formalmente la persistente residenza in loco del destinatario della notifica, palesano solo la divergenza tra i formali dati anagrafici e quanto constatato in loco ed in punto di fatto dal pubblico ufficiale».
Per la Corte, però, il giudice di appello non ha adeguatamente spiegato le ragioni per cui, al fine di verificare la correttezza del ricorso alla notifica di cui alla lett. e) dell'art. 60 D.P.R. n.600/73, non ha tenuto conto degli accertamenti effettuati dal messo notificatore (le informazioni raccolte dal custode dello stabile ove era ubicato il domicilio fiscale del contribuente circa il trasferimento di quest'ultimo in una località non nota e le indagini anagrafiche, dalle quali non risultava il trasferimento in altro indirizzo del Comune).
Pertanto gli Ermellini, in accoglimento del ricorso erariale, hanno annullato la sentenza di secondo grado e rinviato la causa alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo giudizio.