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L’imposta sostitutiva ex art. 1 D.lgs. n. 358/1997 sul plusvalore dell’azienda familiare è dovuta interamente dal suo titolare e non dai soci in proporzione alla quota. Lo precisa la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione con la sentenza n. 5726/2018 che accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.
L’Ufficio ha rettificato il valore di vendita di un’azienda familiare e, di conseguenza, ha rideterminato l’imposta sostitutiva ex art. 1 D.lgs. n. 358/1997 di cui il contribuente – il titolare dell’azienda familiare - si è avvalso nella propria dichiarazione dei redditi.
Dal canto suo la Commissione Tributaria Regionale di Milano, a conferma della decisione di prime cure, ha dichiarato illegittimo il recupero a tassazione, sul rilievo che la quota della plusvalenza da cessione d’azienda da attribuire al titolare dell’azienda familiare dovesse essere limitata al 40%, spettando il residuo 60% ai familiari collaboratori.
Ebbene, questa ricostruzione della CTR meneghina non ha trovato ingresso nel giudizio di legittimità
L’art. 1 D.lgs. n. 358/1997, per quanto qui interessa, dispone:
Infatti – spiega la Suprema Corte – «Poiché il contribuente si è avvalso nella propria dichiarazione dei redditi dell’imposta sostitutiva prevista dalla norma derogatoria di cui all’art. 1 d.lgs. n. 358/1997, incassando la plusvalenza derivante dalla vendita dell'azienda relativa all'impresa familiare, che per effetto della cessione è venuta definitivamente meno, la plusvalenza così realizzata va imputata interamente al titolare dell'impresa familiare».
Decidendo nel merito, i Massimi giudici hanno rigettato il ricorso introduttivo del contribuente.
Le spese dell’intero giudizio sono state compensate.