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In tema di imposta di registro, il contraddittorio preventivo non è obbligatorio in sede di riqualificazione degli atti presentati alla registrazione ai sensi dell’art. 20 d.P.R. n. 131/1986 vecchia formulazione. È quanto ha avuto modo di precisare la Suprema Corte con l’ordinanza n. 8619/2018, che conferma la irretroattività del regime introdotto dalla Legge di Bilancio 2018.
I Massimi giudici hanno accolto il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate.
La Commissione Tributaria Regionale del Veneto ha accolto l’impugnazione della società contribuente riguardante un avviso di liquidazione delle maggiori imposte ritenute dovute in ragione della riqualificazione, ex art. 20 d.P.R. n. 131/1986, di una serie di atti negoziali tra loro collegati.
Accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la Sezione Tributaria della S.C. ha osservato:
La norma da ultimo citata, non avendo natura interpretativa ma innovativa, non esplica effetto retroattivo; conseguentemente, gli atti antecedenti alla data della sua entrata in vigore (1° gennaio 2018) continuano ad essere assoggettati all’imposta di registro secondo la disciplina risultante dalla previgente formulazione dell’articolo 20 d.P.R. 131/86 (“L'imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”).
Quanto sopra comporta che la Riforma non può valere per il presente giudizio - relativo ad avviso di liquidazione per riqualificazione di atti registrati nel 2009 -, «a nulla valendo 1’intenzione, palesata nella relazione illustrativa alla legge n. 205/2017, di “chiarire” il criterio di individuazione della natura e degli effetti che devono essere presi in considerazione ai fini della registrazione, che, in effetti viene a raccordarsi con la nuova disciplina dell’abuso del diritto quale prevista dall’art. 10 bis della l. n. 212/2000, quale introdotto dall’art. 1 del d.lgs. n. 128/2015, per effetto della quale l’Amministrazione, ove vorrà contestare l’intento volto a conseguire un indebito vantaggio fiscale in ragione del collegamento di più negozi, dovrà previamente esperire il contraddittorio.»
Per la Suprema Corte, viceversa, la deduzione della ricorrente, secondo cui nel caso di specie non era richiesto il previo espletamento del contraddittorio per la riqualificazione secondo l’art. 20 TUR, nel testo ante riforma, è coerente con il principio affermato dalla Sezioni Unite con la Sentenza n. 28423/2015, secondo cui «allo stato attuale della legislazione nazionale vigente, il previo espletamento del contraddittorio è richiesto nei soli casi in cui sia espressamente previsto a pena di nullità dell’atto, mentre l’Amministrazione è invece gravata da un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale in tema di tributi armonizzati, purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa».
La sentenza impugnata, in conclusione, è stata cassata con rinvio alla CTR di Venezia, in diversa composizione, per nuovo giudizio.