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I funzionari dell’Agenzia delle Entrate, nel corso di Telefisco 2018, confermano quanto già chiarito dal Dipartimento delle Finanze (DEF) con la Risoluzione n. 2/Df/2017, in merito alla possibilità per i comuni di ridurre l’aliquota IMU dal 10 per mille al 7,6 per mille ed aumentare quella TASI dallo 0 al 2,4 per mille con riferimento ai fabbricati locati, purché l’ente locale rinunci alla quota di quest’ultimo tributo dovuta dall’occupante. In tal caso, infatti, non verrebbe violato il blocco dei tributi locali previsto negli ultimi anni dal nostro legislatore.
A tal proposito si ricorda che il blocco della pressione fiscale locale è stato istituito per la prima volta per l’anno 2016 con la Legge di Stabilità relativa a tale anno d’imposta. In base a tale previsione normativa, i comuni non hanno potuto aumentare la pressione fiscale locale rispetto all’anno precedente. Con la Legge di Stabilità 2017, il legislatore ha poi prorogato tale misura anche per lo scorso anno e da ultimo ci ha pensato la Legge n. 205/2017 (Legge di Stabilità 2018) a concedere ulteriore proroga anche per quest’anno. Quindi, imposizione fiscale locale ancorata ai livelli 2015.
La circolare del DEF – Come detto in premessa, in passato è stato il Dipartimento delle Finanze ad esprimersi sulla questione posta anche nel corso di Telefisco. In particolare, nel 2017 venne chiesto al DEF se, alla luce del blocco dei tributi locali, e con riferimento ai fabbricati di categorie catastali D1, D2, D4, D6 e D7, fosse stato corretto che il comune deliberasse una diminuzione dell’aliquota IMU dal 10 per mille al 7,6 per mille ed al tempo stesso un aumento al 2,4 per mille dell’aliquota TASI in luogo dello 0 per mille.
A tal proposito, si rammenta che ai sensi del comma 671 della Legge n. 147/2013, l'aliquota di base della TASI è pari all'1 per mille ed il comune, con apposita delibera può ridurla fino all'azzeramento. Inoltre secondo quando disposto dal successivo comma 683 l’ente può differenziare le aliquote in ragione del settore di attività nonché della tipologia e della destinazione degli immobili.
Secondo il DEF, premesso che la somma delle aliquote della TASI e dell'IMU per ciascuna tipologia di immobile non deve essere superiore all'aliquota massima consentita dalla legge statale per l'IMU al 31 dicembre 2013, fissata al 10,6 per mille e che nel caso in cui l'unità immobiliare sia occupata da un soggetto diverso dal titolare del diritto reale, l'occupante versa la TASI nella misura stabilita dal comune nel regolamento compresa fra il 10 e il 30 per cento dell'ammontare complessivo del tributo (nell’ipotesi di mancanza di previsione o di efficacia della delibera la percentuale di versamento a carico del possessore si intende nella misura del 90% e de 10% a carico dell’occupante), al fine di ritenersi NON violato il blocco dei tributi locali, nel caso in questione, la misura avanzata nel quesito potrebbe ritenersi valida solo se riferita agli immobili non locati (rimanendo ferme le aliquote per quelli locati) oppure a quelli dati in locazione ma con rinuncia alla quota TASI dell’occupante. Solo in tali ipotesi, infatti, i contribuenti non subirebbero un aumento personale dell’imposizione.
Il parere delle Entrate - Secondo l’Agenzia delle Entrate, la soluzione prospettata dal DEF è condivisibile. In tal caso i comuni dovrebbero deliberare, a norma del citato comma 671 della Legge n. 147/2013, un azzeramento dell’aliquota TASI per l’occupante (in questo modo il comune rinuncia alla quota di quest’ultimo) e ciò non risulterebbe nemmeno in contrasto con quanto previsto dal comma 683. L’unica obiezione avanzata e quella relativa alla disposizione contenuta nel comma 681 (ossia dove è definita la quota TASI a carico del proprietario e dell’occupante). In esso infatti il legislatore non fa alcun riferimento alla possibilità di azzerare la misura a carico dell’una o dell’altra parte