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In virtù della natura gratuita di un Trust “familiare” – come ad esempio quello volto al soddisfacimento dei bisogni propri e dei prossimi congiunti -, ai fini dell’azione revocatoria non è richiesta la prova della consapevolezza del trustee (cioè il gestore fiduciario dei beni) e dei beneficiari (cioè i soggetti nell'interesse dei quali i beni sono stati conferiti nel Trust) circa il pregiudizio per i creditori del disponente.
È quanto emerge dalla lunga ordinanza n. 9320/2019 della Corte di Cassazione (Sez. 3 civ.).
Il caso
La Corte d’appello ha confermato la sentenza del Giudice di primo grado che aveva dichiarato l'inefficacia dell'atto di costituzione di un Trust “familiare”, in accoglimento della domanda revocatoria di una Banca e di un privato, titolari di due distinti crediti nei confronti del disponente, sul presupposto che lo stesso fosse stato scientemente predisposto al fine di recare pregiudizio alle loro ragioni creditorie.
Il Tribunale ha affermato che, qualora ricorrano i presupposti dell'azione pauliana, il Trust può essere revocato e divenire inefficace nei confronti dei creditori.
La Corte d’Appello, dal canto suo, nel confermare la statuizione del primo Giudice, dopo essersi soffermata su funzione e presupposti dell'azione revocatoria prevista dall'art. 2901 c.c., ha osservato che determina eventus damni anche la mera variazione qualitativa del patrimonio del debitore con pericolo di danno costituito dall’eventuale infruttuosità di una futura azione esecutiva.
Ebbene, approdata innanzi alla Suprema Corte, la controversia si è definitivamente chiusa a favore delle parti creditrici.
Inefficacia del trust ex art. 2901 c.c.
I giudici di merito hanno attribuito rilievo alle seguenti circostanze:
Da tale principio, secondo i Massimi giudici, non si è discostata la decisione impugnata; infatti, la Corte di merito ha accertato il tratto della familiarità del Trust oggetto di causa, essendo tra loro parenti il disponente, il trustee e i beneficiari (i due figli del primo), e avendo il Trust come fine quello di assicurare il mantenimento dell'attuale tenore e qualità di vita familiare dei beneficiari, tra i quali era compreso lo stesso disponente.
Pertanto, il Collegio territoriale ha ritenuto che, ai fini dell’azione revocatoria, «l'atto di costituzione del trust e di trasferimento al trustee dei beni immobili in esso previsti erano da qualificarsi atti a titolo gratuito».
Al riguardo, gli Ermellini hanno rilevato che il negozio istitutivo di un Trust, per considerarsi a titolo oneroso, deve essere posto in adempimento di un obbligo e dietro pagamento di un corrispettivo.
Tanto sia ha, ad esempio, nei cosiddetti Trust di garanzia, che sono istituiti da un debitore in seguito a un accordo con i propri creditori.
Se invece il Trust è posto in essere in virtù di una spontanea determinazione volitiva del disponente e in mancanza di un vantaggio patrimoniale, l'atto costitutivo del trust deve essere considerato a titolo gratuito, «come per l'appunto si verifica nel caso di trust familiare in esame (nel quale il disponente rivestiva anche la qualità di beneficiario). In ogni caso l'onerosità dell'atto di disposizione patrimoniale non può essere posta in relazione all'eventuale compenso stabilito per l'opera del trustee, in quanto l'onerosità dell'incarico affidato a quest'ultimo attiene (non al rapporto di trust, ma) all'eventuale remunerazione per il mandato conferito. Onerosità e gratuità vanno poste in relazione all'interesse che qualifica il rapporto di trust (che è quello del beneficiario)».
In definitiva, la Suprema Corte ha disposto il rigetto del ricorso con addebito delle spese processuali, secondo il criterio della soccombenza, al ricorrente.
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1C.c. art. 2901. Condizioni dell’azione revocatoria.
«Il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni:
1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento;
2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione.
Agli effetti della presente norma, le prestazioni di garanzia, anche per debiti altrui, sono considerate atti a titolo oneroso, quando sono contestuali al credito garantito.
Non è soggetto a revoca l'adempimento di un debito scaduto.
L'inefficacia dell'atto non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di revocazione».