27 settembre 2022

Escluso il parere di congruità del Consiglio dell’Ordine sui compensi professionali

È possibile invece esprimersi sulla liquidazione del compenso

Autore: Pietro Mosella
Il Consiglio di un Ordine territoriale, pur non potendo rilasciare un parere di congruità della parcella dell’iscritto per l’attivazione del procedimento per decreto ingiuntivo, può comunque esprimersi sulla liquidazione del compenso, ai sensi dell’articolo 2233 c.c., essendo questo svincolato dalle tariffe e costituendo un parere che non si esprime più sulla corretta applicazione dell’abrogata tariffa, bensì supporta il giudice nella comprensione della complessità della prestazione resa.

È quanto affermato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) nel Pronto Ordini n. 113 del 15 settembre 2022, il quale ha fornito chiarimenti in merito ad un quesito pervenuto da un Ordine territoriale circa il rilascio del parere di congruità sui compensi professionali.

Nello specifico, un Ordine territoriale, rivolgendosi al CNDCEC, ha chiesto se, il contenuto della Circolare n. 10/2017 del Consiglio dell’Ordine, avente ad oggetto “Nuova procedura per richiesta parere di congruità notule in vigore dal 1° gennaio 2017”, possa, alla luce dei principi espressi dalle SS.UU della Cassazione con la sentenza n. 19427/2021, essere aggiornato nella parte in cui dispone che, il Consiglio dell’Ordine, non possa rilasciare il parere di congruità della parcella professionale a seguito dell’istanza formulata dall’iscritto o dall’Autorità giudiziaria nell’ambito di procedimenti d’ingiunzione. Detta Circolare, infatti, venne emessa per regolare i procedimenti di vidimazione delle parcelle professionali a seguito dell’abrogazione delle tariffe professionali disposta dall’articolo 9, comma 1, del D.L. n. 1/2012, convertito dalla Legge n. 27/2012, sostituite con i parametri ministeriali, approvati con il D.M. n. 140/2012.

Il parere del CNDCEC - Preliminarmente, in tema di determinazione del compenso professionale, il Consiglio Nazionale ricorda che, a seguito della modifica apportata all’articolo 9 del D.L. n. 1/2012 dalla Legge n. 124/2017, entrata in vigore il 29 agosto 2017, il compenso per le prestazioni professionali dev’essere pattuito, nelle forme previste dall'ordinamento, al momento del conferimento dell'incarico professionale. Detta disposizione è stata, altresì, rafforzata dall’articolo 25 del Codice deontologico adottato dal Consiglio Nazionale, in quanto la mancata stipula per iscritto del mandato professionale comporta conseguenze sotto profilo disciplinare.

Fermo quanto sopra, qualora non venga pattuito preventivamente un compenso, è facoltà del professionista ricorrente all’autorità giudiziaria per la determinazione del compenso stesso.

In via generale, l’accesso all’autorità giudiziaria per richiedere giudizialmente la liquidazione del compenso professionale può avvenire instaurando un giudizio ordinario, oppure un giudizio sommario (procedimento per decreto ingiuntivo, ex articolo 633 e ss. c.p.c.).

Dopo aver riepilogato le modifiche normative succedutesi, il CNDCEC ricorda quanto si afferma nella sentenza n. 19427/2021 delle SS. UU. della Corte di Cassazione richiamata nel quesito, la quale si conclude osservando che, la tesi secondo cui lo smantellamento del sistema tariffario per gli avvocati avrebbe comportato l'abrogazione tout court delle norme che lo richiamano e, in particolare, delle norme del Codice di rito, non è sorretta da alcun indice normativo e neppure da validi criteri ermeneutici, dovendosi ritenere l'effetto abrogativo limitato solo alla parte in cui la norma rinvia alla fonte di rango inferiore ormai soppressa, lasciando per il resto in tutto e per tutto inalterata la relativa struttura. Pertanto, la previsione del diverso criterio di liquidazione dei compensi, costituito dai parametri, comporta l'effetto sostitutivo dell'elemento abrogato con il nuovo sistema, ritenuto dal legislatore più congruo ed agevole rispetto al precedente.

Il CNDCEC, però, evidenzia che, le conclusioni a cui pervengono le SS.UU., fanno espressamente riferimento alla liquidazione dei compensi degli avvocati, per i quali l’articolo 636, comma 1, c.p.c. prevede una differenza rispetto ai compensi degli altri esercenti una libera professione. Infatti, mentre per i primi (n. 2) non è previsto alcun richiamo alle tariffe, per i secondi (n. 3) si fa espressamente riferimento alle tariffe legalmente approvate.

Di conseguenza, le considerazioni a cui sono pervenute le SS. UU., le quali hanno evidenziato che l’assenza di ogni riferimento alle tariffe nell’ipotesi di cui all’articolo 633, comma 1, n. 2, c.p.c., relativa a crediti riguardanti onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali fatte da avvocati, esclude l’abrogazione espressa per via dell’articolo 9, comma 5, della Legge n. 1/2012, non possono applicarsi in via analogica ai crediti riguardanti gli onorari degli altri esercenti una libera professione previsti al n. 3, del comma 1, dell’articolo 636 c.p.c. (tra cui rientrano i dottori commercialisti).

Ciò, in quanto - come spiega il Consiglio Nazionale - nella citata disposizione si fa espressamente riferimento alla tariffa legalmente approvata e, quindi, abrogata espressamente.

Concludendo, il CNDCEC, osserva che, le motivazioni sopra riportate, se da un lato escludono che l’Ordine possa rilasciare un parere di congruità della parcella dell’iscritto per l’attivazione di procedimento per decreto ingiuntivo, dall’altro lato evidenzia che le stesse non incidono sul potere del Consiglio dell’Ordine di esprimersi sulla liquidazione del compenso, ai sensi dell’articolo 2233 c.c., essendo questo svincolato dalle tariffe e costituendo ciò un parere che non si esprime più sulla corretta applicazione dell’abrogata tariffa, ma supporta il giudice nella comprensione della complessità della prestazione resa.
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