30 ottobre 2021
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30 ottobre 2021

Indifferenti alla morte

Autore: Direttore Antonio Gigliotti
Per una rivoluzione non servono manovre militari, lo spiegamento di eserciti, l’impiego di ingenti risorse finanziarie. La rivoluzione nasce in piccoli gesti, spesso simbolici, ma proprio in quanto tali difficili da attuare. Come il batter d’ali di una farfalla, una piccola azione che può ingenerare grandi cambiamenti.

Per quanto ci riguarda, per tutto il grande mondo delle professioni, basterebbe tornare essere umani, con tutte le proprie debolezze e le intime emozioni. Solo tornando donne e uomini, prima che professionisti, è possibile comprendere, infatti, il vero senso della vita che ci circonda.

Per questo motivo è stato difficile rimanere indifferenti alla storia di Giorgia Cassata, la ragazza che a soli 21 anni ha visto morire di cancro la propria madre. La madre, Anna Imbrucè, aveva 53 anni e svolgeva, anima e corpo, la professione di dottore commercialista. Al punto, ahimè, di morire con i libri contabili in mano. L’amore per il proprio lavoro, e le necessità imposte da un contesto normativo indifferente agli accadimenti personali dei professionisti contabili, l’hanno costretta nel suo ruolo fino alla fine dei suoi giorni.

Ci sarebbe molto da dire rispetto alla necessità di una normativa che consenta di posticipare le scadenze fiscali in casi particolarmente gravi e complessi, che riconosca il diritto per il professionista di potersi “ammalare”. Ma la storia di Giorgia e di sua madre è il simbolo di qualcos’altro, di un malessere profondo. Mentre la categoria della quale la madre di Giorgia faceva parte si straccia le vesti, con ricorsi e controricorsi, in vista del prossimo appuntamento elettorale, la raccolta fondi organizzata pubblicamente a favore di Giorgia non sembra decollare per quel che merita. Strano considerando che la categoria dei dottori commercialisti è composta da oltre 120.000 iscritti, solo una piccola parte del popolo che alimenta le professioni contabili e fiscali.

Il problema è un altro. Se la storia di Giorgia e di sua madre non è in grado di muovere le coscienze individuali, non è in grado di convincere migliaia di colleghi a compiere questo piccolo gesto simbolico, allora probabilmente non meritiamo una norma che tuteli la nostra vita e la nostra famiglia. Se anche il più semplice gesto simbolico diventa così difficile, forse non era troppo sbagliato parlare di una categoria morta se questa, davanti alla morte, non si emoziona più.


Raccolta Fondi – “Un abbraccio per Giorgia” --> https://gf.me/v/c/4srp/un-abbraccio-a-giorgia
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