25 gennaio 2022

Per la semplificazione fiscale non sono bastate quattro Leggi

Autore: Direttore Antonio Gigliotti
per la semplificazione fiscale non sono bastate quattro leggi. Il bello è che non ne servono altre. Basterebbe applicare quelle vigenti. A ricordarcelo è la Commissione Parlamentare di Vigilanza sull’Anagrafe Tributaria che a conclusione dell’indagine conoscitiva ha approvato il documento Digitalizzazione e interoperabilità delle banche dati fiscali.

Quella della semplificazione fiscale è una battaglia che da mesi il Centro Studi Fiscal Focus sta portando avanti anche attraverso importanti interlocuzioni parlamentari, a partire dal rispetto del principio once only che si basa su un semplice presupposto: non è possibile richiedere al contribuente il molteplice inoltro di dati di cui l’Amministrazione Finanziaria è già in possesso.

Infatti, chi come me può permettersi di avere un po’ di memoria storica sa bene che il principio once only si fa breccia per la prima volta nell’ordinamento italiano nel lontano 1990, laddove la legge sul procedimento amministrativo, la n. 241, all’articolo 18 statuisce che al cittadino non possono essere richiesti documenti o informazioni già in possesso dell’amministrazione procedente, che è quindi tenuta ad acquisirli d’ufficio.

Lo stesso principio viene enunciato nel 2000, in ambito specificamente tributario, dallo Statuto del contribuente, il cui art. 6 stabilisce che i cittadini debbono fornire al fisco una sola volta i dati necessari per la fruizione di servizi o l’adempimento di obblighi.

Un presupposto reiteratamente ribadito nel 2011, con l’art. 7 del D.L. n. 70 in materia di semplificazione fiscale, il quale prevede che i contribuenti “non devono fornire informazioni” che siano già in possesso del Fisco e degli enti previdenziali o da questi direttamente acquisibili.

Una norma dai toni alquanto categorici, ma a cui non ha mai fatto seguito una seria ed efficace applicazione della stessa.

Lo stesso Codice degli appalti ha introdotto un principio equivalente (quello dell’unicità dell’invio”) nel 2016 a vantaggio degli operatori della pubblica amministrazione, “allorché questi debbono poter fornire una sola volta e a un solo sistema informativo i dati relativi a ciascun contratto pubblico”.

Anche in questo caso la norma esiste. Ma è generalmente disattesa. Il motivo? Sempre lo stesso: l’incomunicabilità dei diversi sistemi informativi. Non è un caso che la Commissione Parlamentare di Vigilanza sull’Anagrafe Tributaria collochi tra le conclusioni ben quattro raccomandazioni all’interno del paragrafo “Attuare le norme vigenti”.

La prima raccomandazione consiste nel dare piena attuazione all’Anagrafe immobiliare integrata. La seconda si prefigge di consentire finalmente ai Comuni di avere accesso all’Archivio dei rapporti finanziari. La terza raccomandazione vuole che si attui quanto già previsto in termini di condivisione gratuita dei dati fra i diversi enti della Pubblica Amministrazione. La quarta, invece, sancisce la necessità di dare piena attuazione al “diritto per il cittadino-contribuente e del professionista delegato di conoscere i dati riferibili alla sua persona in assoluta parità con le amministrazioni che li detengono”.

Presupposti che consentono alla Commissione Parlamentare di Vigilanza sull’Anagrafe Tributaria di auspicare l’esecuzione degli adempimenti fiscali telematici direttamente via web senza il bisogno di un software ed una integrazione delle banche dati tra INPS ed Agenzia delle Entrate per semplificare “le comunicazioni ai fini dichiarativi e gli adempimenti mensili relativi alle trattenute e tutti gli adempimenti, esistenti e futuri”.

“Nulla impedirà al sole di sorgere ancora, nemmeno la notte più buia. Perché’ oltre la nera cortina della notte c’è un’alba che ci aspetta”, scriveva Khalil Gibran.
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