17 novembre 2022

Contratto orale. Sì al reverse charge

Cassazione tributaria, ordinanza depositata il 16 novembre 2022

Autore: Paola Mauro
Il regime del “reverse charge” può essere applicato a un contratto di subappalto stipulato in forma orale. A precisarlo è l’ordinanza n.33702/2022 della Corte di cassazione (Sez. V civ.), depositata il 16 novembre.

Il caso -Il giudizio nasce dall’impugnazione di un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relativamente agli anni 2009 – 2012 da parte del titolare di una Ditta individuale il quale, visto l’esito per lui negativo del giudizio di secondo grado, ha proposto ricorso innanzi alla Corte di legittimità con cui ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 1655 c.c., per avere la C.T.R. escluso l’applicabilità del regime del “reverse charge” a un contratto di subappalto stipulato in forma orale, nonostante per lo stesso non sia richiesta la forma scritta.

Ebbene, gli Ermellini hanno condiviso la doglianza.

Motivi della decisione - Accogliendo il ricorso del contribuente, i Massimi giudici, dopo aver ricordato il contenuto dispositivo dell’art. 17, comma 6, lett. a), del D.P.R. n. 633 del 1972, nella formulazione applicabile ratione temporis, hanno osservato che il contratto di appalto non è soggetto a rigore di forme e, pertanto, per la sua stipulazione non è richiesta la forma scritta, né “a substantiam” né “ad probationem”, potendo dunque essere concluso anche “per facta concludentia” (v., in particolare, Cass. n. 16530/2016).

Il subappalto è un contratto derivato (o subcontratto), in quanto con esso l’appaltatore incarica un terzo (subappaltatore) di eseguire, in tutto o in parte, l’opera o il servizio che egli ha assunto, sicché allo stesso in genere si applica, quale contratto derivato, la stessa disciplina del contratto base, non diversamente da quanto avviene negli altri subcontratti (subcomodato, sublocazione), escluse quelle disposizioni che fanno eccezione alla regola e che concedono benefici particolari (Cass. n. 2429/1975).

Pertanto, anche il contratto di subappalto può considerarsi a forma libera, non ostando in senso contrario la necessità, imposta dall’art. 1656 cod. civ., dell’autorizzazione – o della successiva adesione – del committente, la quale non solo non deve essere espressa, ben potendo risultare anche “da facta concludentia” (Cass. n. 2757/1982), ma produce il solo effetto di rendere legittimo il ricorso dell’appaltatore a tale modalità di esecuzione della propria prestazione e non anche di instaurare un diretto rapporto tra committente e subappaltatore (Cass. n. 16917/2011), restando il subappalto, nonostante tale autorizzazione, un rapporto obbligatorio intercorrente tra appaltatore e subappaltatore, al quale il committente è estraneo, non acquistando diritti, né assumendo obblighi verso il subappaltatore (Cass. n. 8202/1990).

Di conseguenza, a giudizio degli Ermellini, la C.T.R., sia pure ai soli fini fiscali, ha erroneamente escluso l’esistenza del contratto di subappalto in questione, in difetto della conclusione in forma scritta.

Il ricorso per cassazione del contribuente, pertanto, è stato accolto e la causa, per l’effetto, rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, per nuovo esame.
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