7 ottobre 2022

Motivazione dell’accertamento con documenti provenienti da terzi

Autore: Paola Mauro
È nullo per vizio di motivazione l’avviso di accertamento al quale non siano stati allegati i documenti provenienti da terzi, salvo che il contenuto essenziale degli stessi non sia stato riprodotto nel provvedimento impositivo.

È quanto emerge dalla lettura dell’ordinanza n. 26996/2022 della Corte di Cassazione (Sez. VI-V civ.), depositata il 14 settembre, che respinge un ricorso dell’Agenzia delle Entrate.

Motivazione dell’atto impositivo - La legge n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del Contribuente), all’articolo 7 (“Chiarezza e motivazione degli atti”), stabilisce che:
  • «1. Gli atti dell'amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama».
Il caso - Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, l’Agenzia delle Entrate ha spiccato un avviso di accertamento volto al recupero a tassazione di Irpef e Irap, stante il maggior reddito d'impresa accertato nei confronti del contribuente.

La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in riforma della decisione assunta dalla C.T.P. di Roma, ha annullato il suddetto provvedimento impositivo, ritenendo inadeguata la motivazione, posto che non erano stati allegati i documenti provenienti da terzi su cui risultava fondata la pretesa.

La C.T.R., quindi, ha rilevato – proprio come eccepito dal contribuente nell’atto introduttivo della lite - la violazione dell'art. 7, comma 1, dello Statuto del Contribuente, nella parte in cui si precisa che:
  • «Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama».
Ebbene, la Difesa erariale ha impugnato presso l’Alta Corte la sentenza del Giudice d’appello, ma l’iniziativa non ha avuto fortuna.

Principi di diritto - La ricorrente Agenzia delle Entrate, nel lamentare l'erroneità della valutazione espressa dalla C.T.R. in merito alla motivazione dell'atto impositivo, ha esposto di aver chiaramente indicato nell'avviso di accertamento i presupposti della pretesa tributaria, fondata sulle dichiarazioni dei fornitori, rispetto a cui il contribuente ben avrebbe potuto opporre diverse risultanze contabili.

L’Ente impositore, più esattamente, ha fatto presente che l'avviso di accertamento si è basato su «segnalazione, operata da soggetto esterno all'Amministrazione finanziaria» e ha sostenuto che in tal caso è sufficiente riprodurre «il contenuto informativo dei medesimi dati».

A fronte di quanto sopra, gli Ermellini, nel confermare - rendendola così definitiva - la sentenza pro-contribuente pronunciata dal Giudice d’appello, hanno ricordato il proprio indirizzo giurisprudenziale secondo cui:
  • «in tema di avviso di accertamento, l'onere di allegazione di cui all'art. 7 della I. n. 212 del 2000 è limitato ai documenti non conosciuti né ricevuti dal contribuente e costituenti il presupposto dell'atto impositivo al fine di evitare il pregiudizio del diritto di difesa di quest'ultimo», Cass. Sez. V, 10.7.2020, n. 14723.
Inoltre, non si è mancato di specificare che:
  • «in tema di motivazione "per relationem" degli atti d'imposizione tributaria, l'art. 7, comma 1, dello Statuto del contribuente, nel prevedere che debba essere allegato all'atto dell'amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisce esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza», Cass. Sez. V, 19.11.2019, n. 29968.
In applicazione di tali principi, la pronuncia impugnata è risulta corretta, laddove la C.T.R. capitolina ha osservato che «l'obbligo di motivazione può essere adempiuto anche per relationem, a condizione, però, che gli atti cui l'Amministrazione finanziaria opera riferimento siano allegati all'atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale», mentre nel caso di specie «al contribuente è stata fornita come motivazione dell'atto impositivo una serie di dati le cui fonti documentali non sono però state messe a sua disposizione, nonostante vi fosse al riguardo una richiesta e quindi vi fosse contestazione».

Spese di lite a carico dell’Ufficio - Al rigetto del ricorso erariale per le ragioni sopra esposte, è seguita la condanna dell'Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di lite in favore del contribuente, controricorrente.
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