4 dicembre 2025

Novità per il Codice deontologico dei commercialisti: cambiano le regole con l'IA in studio (ma non solo)

Dal 21 novembre 2025 nuove regole deontologiche: interesse pubblico, indipendenza, equo compenso e Intelligenza artificiale usata solo come supporto

Autore: Miriam Carraretto

Novità per il Codice deontologico dei commercialisti. In vista delle previsioni contenute nell’art. 13 della legge 23 settembre 2025 n. 132 relative alla disciplina dell'utilizzo di sistemi di Intelligenza artificiale nelle professioni intellettuali dal 21 novembre 2025, il Consiglio Nazionale ha deliberato modifiche agli articoli 21 e 45 del Codice

Il nuovo Codice è in vigore dal 1° aprile 2024, con applicazione differita al 21 novembre 2025 per la disciplina sull’Intelligenza artificiale. Per i fatti commessi in precedenza continua a valere il precedente impianto deontologico, salvo che le nuove regole risultino più favorevoli all’incolpato e il procedimento non si sia ancora concluso in via definitiva. Vediamo cosa cambia.

Il nuovo Codice deontologico: perché è così importante

Il nuovo Codice deontologico dei dottori commercialisti ed esperti contabili, approvato nel 2024 e modificato nel 2025, non è un semplice ritocco formale. Si tratta di un testo che ridisegna il ruolo del professionista all’interno del sistema economico e sociale, mettendo al centro l’interesse pubblico, l’indipendenza, l’uso responsabile dell’Intelligenza artificiale, l’equo compenso e il contrasto all’esercizio abusivo della professione.

Per i commercialisti, questo Codice diventa un vero strumento operativo: incide sulla gestione interna degli studi, sulla struttura dei mandati, sulle modalità di comunicazione con il cliente e con i colleghi, sui rapporti con le istituzioni e persino sull’organizzazione del tirocinio. La regola di fondo, di fatto, è che la professione non si esaurisce nell’erogazione di una prestazione tecnica, ma comporta l’assunzione di responsabilità verso la collettività, l’ordinamento e la categoria.

Intelligenza artificiale nello studio professionale

Una delle innovazioni più significative delle modifiche del 2025, in vigore dal 21 novembre, riguarda l’uso dell’Intelligenza artificiale negli studi. Il Codice chiarisce che l’IA può essere impiegata come strumento di supporto, ad esempio per analisi massive di dati, attività ripetitive, ricerche documentali, ma il risultato finale della prestazione deve restare frutto prevalente dell’attività intellettuale del commercialista.

È espressamente vietato affidare alla macchina il nucleo valutativo dell’incarico: interpretazione delle norme, formulazione di pareri, scelte strategiche, valutazioni di rischio, redazione di atti che implicano l’esercizio del giudizio professionale. L’IA non può surrogare il professionista né diventare uno schermo dietro cui nascondere la propria responsabilità.

Quando decide di avvalersi di questi strumenti, il commercialista deve verificare l’attendibilità delle fonti e la veridicità dei dati utilizzati dai sistemi, assicurarsi che siano presenti adeguate misure di sicurezza e di protezione dei dati personali, e garantire che lui stesso, i collaboratori e i dipendenti abbiano competenze minime sul funzionamento delle soluzioni adottate.

Un aspetto centrale è la trasparenza verso il cliente. L’uso dell’IA deve essere dichiarato, con indicazione chiara dei sistemi impiegati e, se del caso, con menzione nella documentazione prodotta. In nessun caso il ricorso all’IA attenua o sostituisce gli obblighi deontologici: la responsabilità resta integralmente in capo al professionista, che risponde delle scelte, delle valutazioni e delle conseguenze degli atti, indipendentemente dagli strumenti tecnologici utilizzati.

Interesse pubblico, integrità e indipendenza

Il Codice afferma con nettezza che il commercialista non tutela soltanto il cliente, ma è chiamato a svolgere una funzione di rilievo pubblico. L’interesse del singolo non può essere perseguito se entra in conflitto con l’interesse pubblico o con il rispetto delle norme. Da questo principio discende l’obbligo di rifiutare incarichi che possano essere strumentali a operazioni illecite, evasive o fraudolente, anche quando il cliente spinga in quella direzione.

Integrità e obiettività diventano parametri essenziali di ogni condotta professionale. Al commercialista è richiesto un comportamento improntato a onestà, lealtà e correttezza, con divieto di rilasciare dichiarazioni equivoche o suggestive, accettare utilità non dovute, sfruttare rapporti personali per ottenere vantaggi. L’obiettività implica che il giudizio non possa essere condizionato da pressioni, pregiudizi o aspettative del cliente.

Sul piano dell’indipendenza, il Codice recepisce la logica degli standard internazionali, richiamando il Codice IESBA. Non basta evitare il conflitto di interessi in senso stretto: il professionista deve sottrarsi anche a situazioni che, agli occhi di un terzo ragionevole, possano far dubitare della sua indipendenza, per legami economici, personali o professionali. In caso di incompatibilità con l’esercizio della professione, è previsto l’obbligo di astenersi e, se necessario, di chiedere la cancellazione dall’Albo.

La riservatezza è confermata come uno dei cardini della deontologia. Le informazioni acquisite non possono essere divulgate né utilizzate per fini estranei all’incarico. Il dovere di segreto si estende a dipendenti, collaboratori e tirocinanti, sui quali grava una specifica vigilanza da parte del titolare dello studio. A completare il quadro, c'è poi l’obbligo di rendere noto al cliente gli estremi della polizza di responsabilità civile professionale, a tutela di entrambe le parti.

Il rapporto con il cliente: dalla fiducia al recesso

Il rapporto con il cliente resta il cuore dell’attività professionale, ma viene inquadrato in una cornice etica molto più precisa. L’incarico nasce da un rapporto di fiducia reciproca: il cliente è libero di scegliere e sostituire il proprio consulente, il commercialista è libero di accettare o meno l’incarico. Tuttavia, questa libertà incontra il limite del Codice deontologico.

È significativo il divieto di acquisire clientela tramite agenzie, procacciatori o intermediari. Allo stesso modo, non è consentito pattuire o accettare compensi o altri vantaggi per la presentazione di clienti o incarichi. La concorrenza deve restare leale, senza pratiche scorrette dirette a sottrarre clienti ad altri colleghi.

Nella fase di accettazione dell’incarico, il professionista deve valutare se la prestazione richiesta sia compatibile con la legge e con il Codice. Quando emerge il rischio che il mandato possa essere usato per finalità illecite, la regola è il rifiuto. Il cliente deve essere informato in modo chiaro circa diritti e doveri reciproci, sulle caratteristiche dell’incarico, sui limiti dell’attività professionale e sull’esistenza del Codice deontologico.

Durante l’esecuzione del mandato, il commercialista è tenuto a operare con diligenza e perizia. La responsabilità non si limita all’errore tecnico evidente, ma include il mancato compimento di atti necessari, i ritardi e le omissioni che possano arrecare danno al cliente o ai terzi. Il rapporto informativo deve essere continuo, con spiegazioni fornite in un linguaggio comprensibile e con la possibilità per il cliente di ottenere copia degli atti e dei documenti rilevanti.

Quando sopraggiungono circostanze che limitano la libertà di giudizio, determinano un conflitto di interessi o rendono impossibile lo svolgimento corretto dell’incarico, il professionista ha il dovere di rinunciare. La rinuncia va formalizzata per iscritto e comunicata in tempo utile perché il cliente possa rivolgersi a un altro professionista, evitando pregiudizi sostanziali.

Compenso, equo compenso e divieto di prestazioni gratuite

La disciplina del compenso viene collegata in modo diretto al tema dell’equo compenso. Il tariffario non è più un riferimento astratto, ma diventa parametro indispensabile per verificare la proporzione tra onorario e prestazione. Il compenso deve essere adeguato alla complessità dell’incarico, al livello di specializzazione richiesto, al tempo e alle risorse impiegate, ai risultati ottenuti e ai benefici, anche non immediatamente patrimoniali, per il cliente.

Il Codice impone la formulazione di un preventivo, scritto o digitale, che indichi complessità, oneri presumibili, compenso, spese, oneri e contributi. È ammissibile una componente variabile legata al risultato, ma non può mai trasformarsi in un compenso simbolico o manifestamente sproporzionato rispetto all’attività svolta.

L’attenzione si concentra soprattutto sui rapporti con i cosiddetti “clienti forti”, alla luce della normativa sull’equo compenso. Sono nulle le pattuizioni che prevedano compensi non giusti, non equi o non proporzionati, e il professionista ha il dovere di non accettarle, oltre che di informare il cliente dei limiti legali.

Un passaggio significativo è il divieto di pubblicizzare prestazioni gratuite o a prezzi meramente simbolici come strumento di promozione. La logica è duplice: evitare una concorrenza al ribasso che svilisce la funzione professionale e impedire la diffusione di messaggi fuorvianti per l’utenza, che potrebbero indurre a sottovalutare il valore del lavoro del commercialista.

Organizzazione di studio, collaboratori e tirocinanti

Il Codice riconosce che il professionista opera quasi sempre all’interno di una struttura. Per questo, disciplina in modo dettagliato i rapporti con collaboratori e dipendenti. È richiesto un clima di rispetto reciproco, il rispetto della normativa giuslavoristica, il divieto di servirsi di soggetti che esercitano abusivamente la professione o essere compiacenti con tali comportamenti.

Sul versante del tirocinio, lo studio viene investito di una vera funzione formativa. Il tirocinio è un periodo di apprendimento, non di mero sfruttamento lavorativo. Di regola è gratuito, ma è previsto un rimborso spese forfettario concordato con il praticante fin dall’inizio. Il tirocinante deve poter partecipare ad attività formative, convegni, corsi e momenti di aggiornamento, e deve essere messo in condizione di apprendere non solo la tecnica, ma anche le regole deontologiche, incluse nel Codice che gli deve essere consegnato e illustrato.

Il praticante, a sua volta, è vincolato al rispetto del segreto professionale e non può appropriarsi di documenti, dati, software o procedure dello studio senza consenso, né sfruttare la posizione per acquisire clientela in proprio. Eventuali patti di non concorrenza devono rispettare i limiti di legge. È importante sottolineare che il tirocinante è pienamente soggetto al potere disciplinare degli organi di categoria.

Rapporti con i colleghi e subentro negli incarichi

Il Codice dedica ampio spazio ai rapporti con i colleghi, nella consapevolezza che il decoro della professione si gioca anche nella dialettica interna alla categoria. Il commercialista è tenuto a comportarsi con lealtà e correttezza, evitando espressioni denigratorie, giudizi sommari e comportamenti idonei a screditare altri professionisti, anche quando emergano divergenze tecniche o visioni differenti.

Il momento del subentro in un incarico già seguito da un altro collega viene regolato in modo puntuale. Prima di accettare, il professionista deve accertarsi che il cliente abbia comunicato formalmente il recesso al precedente consulente. È necessario che il subentro non diventi un espediente per sottrarsi ai pagamenti dovuti o per cercare un professionista disposto ad assecondare scelte borderline o apertamente illecite.

Quando più professionisti assistono lo stesso cliente, il Codice richiede un coordinamento leale, uno scambio di informazioni, una linea di condotta il più possibile comune, sempre nel rispetto dell’interesse del cliente e delle regole di colleganza. In questa prospettiva, la collaborazione e l’assistenza reciproca anche in situazioni di difficoltà (malattia, maternità, eventi imprevisti) sono considerate espressione di responsabilità verso la categoria, oltre che verso l’utenza.

Rapporti con istituzioni, media e altre professioni

Il Codice interviene anche sui rapporti con gli Ordini, la Cassa previdenza e le altre istituzioni di categoria, imponendo collaborazione, rispetto e trasparenza. Le cariche istituzionali non possono essere utilizzate come leva per ottenere incarichi professionali. Chi ricopre ruoli ordinistici deve mantenere una condotta esemplare, sia nel contesto istituzionale sia nell’attività privata.

Il rapporto con la Pubblica amministrazione è orientato a rispetto e correttezza. Non è tollerato alcun comportamento che possa far pensare a pressioni indebite o a sfruttamento di relazioni personali.

Nei rapporti con i mezzi di informazione e sui social, il professionista deve evitare la diffusione di dati coperti da segreto, la menzione dei nomi dei clienti anche se consenzienti, l’uso di toni enfatici o ingannevoli sulle proprie capacità e qualsiasi esternazione che possa ledere il prestigio delle istituzioni o del corpo professionale.

Anche le relazioni con altre professioni regolamentate devono svolgersi nel segno del reciproco riconoscimento di competenze e ruoli, rifiutando sovrapposizioni indebite o invasione di ambiti riservati per legge ad altre categorie.

Concorrenza, abusivismo e pubblicità informativa

La concorrenza tra professionisti è ammessa e fisiologica, ma deve svolgersi nel rispetto di regole precise. Il Codice vieta di sfruttare cariche politiche o pubbliche per procurarsi incarichi, così come vieta ogni forma di intermediazione che possa mettere in discussione l’indipendenza e l’obiettività del professionista.

Particolarmente rilevante è la parte dedicata alla lotta all’esercizio abusivo della professione. Il commercialista non può in alcun modo agevolare o coprire soggetti non abilitati, neppure per singoli affari o periodi limitati. Al contrario, ha il dovere di segnalare all’Ordine competente le situazioni di abusivismo di cui venga a conoscenza.

Quanto alla pubblicità, viene riconosciuta la possibilità di fornire informazione al pubblico sulle proprie attività, ma con paletti netti. Il messaggio deve essere veritiero, trasparente, non comparativo, non denigratorio, basato su dati oggettivamente verificabili. Non sono ammessi contenuti meramente commerciali o promozionali nei siti degli studi, né l’utilizzo di loghi, titoli o appartenenze associative che non corrispondano a ruoli effettivi e regolarmente autorizzati.

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