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La Corte di cassazione – Sezione lavoro, con la sentenza 7 novembre 2025, n. 29577, ha affermato che la reiterazione di missioni a termine dello stesso lavoratore presso il medesimo utilizzatore e per le stesse mansioni è soggetta al limite massimo di 24 mesi.
Il superamento di tale limite comporta la nullità dei contratti di somministrazione e consente al lavoratore di chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato direttamente con l’utilizzatore.
La Corte consolida, così, l’interpretazione della somministrazione come istituto che deve rimanere realmente temporaneo e non può essere utilizzato come forma surrettizia di lavoro subordinato stabile.
Il giudizio riguarda un soggetto che, formalmente assunto dall’agenzia interinale tramite una lunga serie di contratti di somministrazione a tempo determinato, ha lavorato per diversi anni presso una S.p.A.
In concreto, il lavoratore in questione ha prestato servizio nella stessa azienda utilizzatrice dal 15 aprile 2015 al 13 aprile 2019, con 47 contratti consecutivi (e varie proroghe), per un periodo complessivo di 37 mesi e 2 giorni. Durante tutto il tempo ha svolto le stesse mansioni, come operaio di fonderia di secondo livello del CCNL metalmeccanico.
Ritenendo illegittimo l’uso prolungato di contratti a termine con le stesse mansioni, il lavoratore ha adito le vie legali chiedendo il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato direttamente con la società utilizzatrice.
In primo grado il Tribunale ha respinto la domanda, ma la Corte d’appello di Brescia ha poi ribaltato la decisione.
Infatti, posto che i contratti di somministrazione avevano superato il limite massimo di 24 mesi previsto dal D.lgs. n. 81/2015 (come modificato dal cosiddetto “Decreto Dignità” del 2018), i giudici di secondo grado hanno ritenuto che il rapporto dovesse considerarsi a tempo indeterminato con l’utilizzatore.
La Corte bresciana ha quindi:
La stessa Corte ha però ritenuto che il lavoratore fosse decaduto dal diritto di impugnare i contratti più vecchi (per decorrenza dei termini di legge), e che potesse far valere solo gli ultimi tre contratti, stipulati tra gennaio e aprile 2019.
Tuttavia, ai fini del calcolo del limite complessivo dei 24 mesi, il Collegio di secondo grado ha comunque considerato anche i periodi precedenti come “fatti storici”, cioè come elementi di fatto utili a verificare il superamento del tetto massimo.
La Corte di merito ha infine ritenuto irrilevanti eventuali deroghe previste dal contratto collettivo nazionale (CCNL delle agenzie di somministrazione), e ha richiamato anche la direttiva europea 2008/104/CE e la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, secondo cui l’utilizzo prolungato e continuativo di un lavoratore somministrato viola la natura “temporanea” di tale forma di impiego.
Ebbene, gli “Ermellini” hanno confermato la decisione dei colleghi di secondo grado.
La Suprema Corte, in particolare, ha osservato che la somministrazione di lavoro realizza un rapporto trilatero tra un’agenzia di lavoro, un utilizzatore e un lavoratore, nell’ambito del quale si collocano un rapporto di lavoro subordinato del lavoratore con l’agenzia e un rapporto commerciale tra quest’ultima e la società utilizzatrice.
Questi distinti contratti, pur conservando ciascuno la propria causa e le rispettive caratteristiche tipologiche, sono, tuttavia, funzionalmente collegati al raggiungimento di uno scopo unitario, quello di fornire lavoro subordinato flessibile a un soggetto che, pur non essendo il formale datore di lavoro, esercita i poteri e le prerogative di quest’ultimo.
Il rapporto di lavoro che lega il dipendente all’agenzia ha tratti peculiari in quanto il lavoratore si impegna a eseguire la prestazione in favore di un terzo, l’utilizzatore; nello stesso tempo, lo svolgimento della prestazione in favore del terzo costituisce adempimento dell’obbligo assunto dal prestatore nei confronti del somministratore ed esecuzione del contratto commerciale tra l’agenzia e il suo cliente.
Ebbene, per la Suprema Corte, nell’assetto delineato dal D.L. n. 87/2018, è imposto un limite massimo alla durata dell'impiego di uno stesso lavoratore in missione a termine presso la medesima impresa, sulla base di uno o più contratti, coincidente con i 24 mesi.
Essendo pacifico, poi, che l’agenzia non può legittimamente assumere un lavoratore da inviare in missione presso lo stesso utilizzatore, con uno o più contratti a termine, oltrepassando il tetto dei 24 mesi, del pari l’utilizzatore non potrà legittimamente ricevere in missione il medesimo lavoratore da adibire alle stesse mansioni sulla base di plurimi contratti commerciali ove le missioni superino complessivamente il tetto dei 24 mesi.
Il limite di durata e il corrispondente divieto di oltrepassarlo si propagano necessariamente, in ragione del collegamento negoziale e della funzionalizzazione dell’assunzione a termine all’invio in missione, dal rapporto tra l’agenzia e il lavoratore a quello che lega l’agenzia all’utilizzatore, con la conseguenza che il limite di durata massima dell’assunzione a termine da parte dell’agenzia porta con sé la limitazione dell’impiego temporaneo dello stesso lavoratore in missione presso l’utilizzatore.
Concludendo, la Suprema Corte ha enunciato il seguente principio di diritto:
«la reiterazione di missioni a termine dello stesso lavoratore in somministrazione presso il medesimo utilizzatore e per lo svolgimento sempre delle stesse mansioni, è soggetta, nel vigore del D.Lgs. 81/2015, come modificato dal decreto-legge 87/2018, convertito dalla legge 96/2018, al limite temporale complessivo di 24 mesi, il cui superamento determina la nullità dei contratti che compongono il rapporto trilatero che caratterizza il lavoro in somministrazione e legittima il lavoratore a chiedere, anche solo nei confronti dell’utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo».
Inoltre la Corte ha precisato che:
Tizio è stato inviato in somministrazione presso l’azienda Alfa S.p.A. tramite l’agenzia Beta S.r.l.
Tizio sostiene che il limite dei 24 mesi è stato superato e vuole il riconoscimento di un rapporto con Alfa S.p.A.
Secondo la sentenza n. 29577/2025:
Tizio può chiedere l’assunzione direttamente da Alfa S.p.A. perché la Cassazione afferma che, in caso di superamento dei 24 mesi,
(prezzi IVA esclusa)