23 ottobre 2025

Ripetizione del patto di prova in caso di successione di contratti

Giuslavoro n. 37 - 2025
Autore: Paola Mauro

La ripetizione del patto di prova nei confronti di un lavoratore assunto dopo una successione di contratti di lavoro è legittima qualora il nuovo rapporto presenti decisivi elementi di novità (ad es. ove si instauri con un diverso datore, o sia inserito in una differente organizzazione produttiva anche se facente capo allo stesso datore o, ancora, abbia a oggetto mansioni diverse da quelle già svolte) che rendano logicamente plausibile l'esigenza di una nuova sperimentazione e, quindi, astrattamente configurabile la causa funzionale del patto medesimo.

Premessa

La Corte di cassazione – Sezione lavoro, con la sentenza n. 9064/2025, si è pronunciata in tema di patto di prova, nell’ambito della ripetizione in sequenza di contratti.

  • Legittimità della ripetizione del patto di prova — È ammissibile riproporre un periodo di prova se il nuovo rapporto presenta elementi decisivi di novità (es. diverso datore, diversa organizzazione produttiva anche entro lo stesso datore, mansioni diverse) che giustificano una nuova sperimentazione.
  • Onere della prova a carico del lavoratore — In tali casi il lavoratore che contesta l’illegittimità del patto di prova deve provare l’assenza della causa funzionale; non opera la presunzione a suo favore derivante dai precedenti rapporti con stesse parti e mansioni, quindi non spetta al datore dimostrare le esigenze che hanno motivato la prova.
     

Nel dettaglio, la pronuncia in esame è stata così massimata.

«La ripetizione del patto di prova nei confronti di un lavoratore assunto dopo una successione di contratti di lavoro è legittima qualora il nuovo rapporto presenti decisivi elementi di novità (come ad es. ove si instauri con un diverso datore, o sia inserito in una differente organizzazione produttiva anche se facente capo allo stesso datore o, ancora, abbia ad oggetto mansioni diverse da quelle già svolte) che rendano logicamente plausibile l'esigenza di una nuova sperimentazione e, quindi, astrattamente configurabile la causa funzionale del patto medesimo; in tali condizioni, il lavoratore che deduca l'illegittimità del patto di prova sopporta il relativo onere probatorio posto che, non operando la presunzione di difetto funzionale del patto che discende dal pregresso svolgimento di rapporti di lavoro fra le stesse parti e con le stesse mansioni, non può addossarsi alla parte datoriale l'onere di dimostrare le esigenze poste a base della sua apposizione.»  

Il caso: società succedutesi nell’appalto

Gli Ermellini hanno cassato la sentenza d’appello, che aveva dichiarato illegittimo il patto di prova apposto al contratto di lavoro a tempo indeterminato stipulato da una società, subentrata ad altra in un appalto, con un lavoratore precedentemente impiegato nel servizio oggetto dell'appalto come lavoratore inviato da diverse agenzie di somministrazione in favore del precedente appaltatore, considerando solo l’identità delle mansioni svolte e non anche la diversità della parte datoriale e del servizio appaltato.

La nuova datrice di lavoro aveva apposto al contratto di assunzione un patto di prova per la durata di 26 giorni di lavoro effettivo e successivamente aveva comunicato all’interessato il mancato superamento della prova.

Dichiarata la nullità del patto di prova, i giudici di appello hanno applicato la tutela di cui all’art. 3, comma 1, del D.lgs. n. 23 del 2015.

Nel giudizio di legittimità ha trovato ingresso la tesi datoriale della legittimità del patto in questione, a causa dell’inserimento del lavoratore in una nuova organizzazione aziendale, facente capo a un nuovo datore di lavoro, con un diverso inquadramento professionale e differenti mansioni.
 

Gli Ermellini hanno quindi cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte d’Appello, per nuovo esame.

L’orientamento che ha determinato la decisione della Suprema Corte

La Suprema Corte ha rilevato che la causa del patto di prova va individuata nella tutela dell'interesse comune alle due parti del rapporto di lavoro ad attuare un esperimento mediante il quale sia il datore di lavoro che il lavoratore possono verificare la reciproca convenienza del contratto. Il datore di lavoro potrà accertare la capacità del lavoratore di svolgere diligentemente la prestazione nell’ambito dell’organizzazione aziendale e quest'ultimo, a sua volta, valuterà il contenuto e l'entità della prestazione richiestagli e le condizioni di concreto svolgimento del rapporto (Cass. n. n. 5016/2004; n. 15960/2005; n. 15059/2015).

Di conseguenza, è illegittimamente apposto un patto di prova che non sia funzionale alla causa appena descritta, di reciproca sperimentazione della convenienza del contratto, ad esempio per essere questa già avvenuta con esito positivo nello svolgimento di un precedente rapporto di lavoro tra le stesse parti e nelle specifiche mansioni.

Pertanto – prosegue la pronuncia in esame -, la ripetizione del patto di prova in successivi contratti di lavoro tra le stesse parti, aventi a oggetto mansioni analoghe, è ammissibile solo se vi sia la necessità di ulteriori e indispensabili verifiche; ad esempio, vi sia la necessità per il datore di lavoro di verificare, oltre alle qualità professionali, anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all'adempimento della prestazione, trattandosi di elementi suscettibili di modificarsi nel tempo per molteplici fattori, attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute (Cass. n. 15059/2015; n. 28252/2018; n. 28930/2018).

Il lavoratore che deduca la nullità del patto di prova, perché non funzionale alla causa della reciproca sperimentazione di convenienza del contratto, sopporta il relativo onere probatorio.

Tale onere può esser assolto anche per presunzioni e può desumersi dalla sussistenza di un precedente rapporto di lavoro tra le parti, cioè dall'avere in precedenza il lavoratore prestato per un congruo lasso di tempo la propria opera per lo stesso datore di lavoro e con le specifiche mansioni, sia pure in seguito a distacco (così Cass. n. 12379/1998) oppure per effetto di somministrazione di lavoro.

La ripetizione del patto di prova nei confronti di un lavoratore assunto dopo una successione di contratti di lavoro è legittima qualora il nuovo rapporto di lavoro presenti decisivi elementi di novità e, ad esempio, si instauri con un diverso datore oppure sia inserito in una differente organizzazione produttiva anche se facente capo allo stesso datore o ancora abbia ad oggetto mansioni diverse da quelle già svolte. Gli elementi di novità che si innestano nel nuovo rapporto di lavoro rendono logicamente plausibile l’esigenza di una nuova sperimentazione e quindi astrattamente configurabile la causa funzionale del patto medesimo.

Al ricorrere di tali condizioni, ove il lavoratore deduca l’illegittimità del patto di prova, non può addossarsi alla parte datoriale l’onere di dimostrare le esigenze poste a base dell’apposizione del patto medesimo, non operando la presunzione di difetto funzionale del patto che discende dal pregresso svolgimento di rapporti di lavoro fra le stesse parti e con le stesse mansioni.
 
A tali principi – rileva la S.C. - «non si è attenuta la sentenza impugnata che ha dichiarato l’illegittimità del patto di prova considerando solo la identità delle mansioni svolte, senza altresì considerare, da un lato, la diversità della parte datoriale nell’ultimo rapporto di lavoro e, dall’altro, la dedotta diversità del servizio appaltato, con un capitolato di appalto autonomo, “di nuova formulazione, con contenuti, clausole, condizioni, tempistiche e modalità di svolgimento del servizio assolutamente innovativi”, diversi da quelli praticati dal precedente appaltatore.»  
 
 

Oggetto dell’accertamento giudiziale in caso di differenti datori di lavoro nell'appalto

In conclusione, il giudice del rinvio è stato chiamato dalla Suprema Corte ad attenersi, in sede di rinnovo della pronuncia, alla seguente indicazione: ove il patto di prova riguardi una prestazione con mansioni identiche resa in successione in favore di differenti datori di lavoro nell'appalto e sia dedotta la diversità dell’appalto o della struttura aziendale del nuovo appaltatore, al fine di valutare la legittimità del patto di prova l’accertamento giudiziale non può limitarsi alla identità delle mansioni del lavoratore, ma deve valutare la possibile sussistenza di un interesse del datore di lavoro di verificare, oltre alle competenze professionali, anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all'adempimento della prestazione e al suo inserimento nella nuova struttura aziendale, trattandosi di elementi suscettibili di modificarsi nel tempo per molteplici fattori, attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute.
 

L’esperto 

Quando è legittima la ripetizione del patto di prova in un nuovo contratto di lavoro?

Quando il nuovo rapporto presenta elementi di novità sostanziali, come diverso datore di lavoro, diversa organizzazione produttiva o mansioni differenti.

Chi ha l’onere della prova in caso di contestazione della legittimità del patto di prova ripetuto in favore di un differente datore di lavoro?

Il lavoratore che ne contesta la validità.

La presunzione di difetto funzionale del patto di prova opera automaticamente in caso di rapporti precedenti tra le stesse parti e con le stesse mansioni?

Sì, ma solo se non sussistono elementi di novità che giustifichino una nuova sperimentazione.
 

Caso 

Giuseppe Verdi lavora dal 1°/07/2016 come magazziniere presso la ditta appaltatrice Alfa S.p.A. tramite agenzie di somministrazione (più contratti successivi).

Il 1°/05/2021 l’appalto passa a Beta S.r.l. che assume Giuseppe a tempo indeterminato (stessa sede di lavoro, stesso livello e medesime mansioni) e nel contratto inserisce un patto di prova di 30 giorni.
Il 31/05/2021 Beta S.r.l. licenzia Giuseppe per mancato superamento della prova.
Giuseppe impugna il licenziamento e deduce la nullità del patto di prova perché già aveva svolto le stesse mansioni, nello stesso servizio, per anni (anche se come lavoratore somministrato).
Esiti probabili:

  • Patto nullo: il giudice accerta che Giuseppe, dal 2016 al 2021, ha svolto le stesse mansioni nello stesso servizio senza cambi organizzativi rilevanti; Beta s.r.l. non prova la sussistenza di esigenze organizzative nuove. Il licenziamento per “mancato superamento della prova” è illegittimo; il lavoratore può ottenere tutela risarcitoria o reintegrazione/indennità a seconda del quadro normativo e del tipo di contratto.
  • Patto legittimo: Beta s.r.l. dimostra la diversità del servizio appaltato, con un capitolato di appalto autonomo, di nuova formulazione, con contenuti, clausole, condizioni, tempistiche e modalità di svolgimento del servizio assolutamente innovativi, diversi da quelli praticati dal precedente appaltatore. In tal caso la prova ha funzione reale e il patto può essere considerato legittimo: il giudice respinge la deduzione di nullità. 
     
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