25 giugno 2012

Apprendisti. Sgravi solo sulla carta

Attualmente è ancora inattuabile l’agevolazione concessa ai datori di lavoro che intendo assumere un apprendista
Autore: Redazione Fiscal Focus

Premessa –Quel che si sta verificando nell’ultimo periodo sugli sgravi contributivi previsti dalla “Legge di Stabilità 2012” è una situazione piuttosto anomala. Infatti, l’agevolazione contributiva collegata all’assunzione degli apprendisti rischia di rimanere solo sulla carta, in quanto attualmente i datori di lavoro devono ugualmente versare all’INPS i contributi per i primi tre anni di contratto, anche se è previsto l’azzeramento delle aliquote.

Legge di Stabilità 2012 –Come è noto, la c.d. “Legge di Stabilità 2012” all’art. 22 ha introdottouna decontribuzione totale degli apprendisti per i datori di lavoro più piccoli. In particolare, lo sgravio contributivo è: applicabile ai datori di lavoro che occupano sino a nove dipendenti; riconosciuto ai contratti di apprendistato stipulati a partire dal 1° gennaio 2012 e sino al 31 dicembre 2016; valido per un massimo di tre anni. Dunque, il risparmio del datore di lavoro consiste nell’azzeramento dell’aliquota contributiva per i primi tre anni; mentre la contribuzione a carico dell’apprendista rimane fissa al 5,84%. Pertanto, con la suddetta Legge in realtà l’impresa non deve pagare né l’1,5% sulle retribuzioni nel primo anno, né il 3% sulle retribuzioni del secondo anno e nemmeno il 10% di contribuzione a suo carico per il terzo anno. Ovviamente per le imprese che occupano più di 9 dipendenti e, dopo il terzo anno di contratto, bisogna versare il 10% di contributi.

Dov’è lo sgravio? – Ma allora dove sta l’inghippo? Cosa blocca l’accesso allo sgravio? Di certo non si tratta di un impedimento di tipo tecnico, perché nel documento tecnico relativo al flusso Uniemens destinato all’INPS vi è il “codice J6”, che sta per “Apprendista per cui spetta lo sgravio del 100% dei contributi a carico del datore di lavoro (art. 22, c. 1, L. n. 183/2011) – primo anno di sgravio”. Piuttosto, sembra che l’attuale impianto normativo, così com’è attualmente strutturato, potrebbe configurarsi come aiuti di Stato. È considerata “aiuto di Stato” la norma interna che: trasferisce fondi statali; crea un incentivo economico per l’impresa beneficiaria; ha incidenza sugli scambi fra i Paesi UE; favorisce solo alcune imprese o alcune produzioni e non la totalità. Dunque, il concetto di base è quello di garantire uguali condizioni a tutte le imprese operanti sul mercato interno, mediante un controllo degli aiuti di Stato. Le suddette caratteristiche potrebbero essere compatibili con quello che prevede l’art. 22 della L. n. 183/2011. In tal caso, si dovrebbe dar luogo ad un sistema di controllo di compatibilità degli aiuti di Stato in base al quale il Governo che intende istituire una nuova misura deve preventivamente notificare il relativo progetto alla Commissione e sospendere l’erogazione fino a che essa lo abbia autorizzata. Ma è chiaro che sono solo delle supposizioni. Non ci resta che attendere per ulteriori sviluppi sulla vicenda.

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