Rimani aggiornato!
Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.
Premessa – Il datore di lavoro che omette il versamento contributivo all’INPS sulle ritenute operate al co.co.pro., rischia la reclusione fino a tre anni e una multa fino a 1.033 euro. Tuttavia, quest’ultimo può regolarizzare la propria posizione entro tre mesi. Infatti, qualora non abbia avuto la concreta possibilità di usufruire del termine di tre mesi per effettuare il versamento delle ritenute non pagate, il datore di lavoro (o committente) non può essere condannato per l’omissione contributiva. A stabilirlo è la Suprema Corte, con la sentenza n. 1855 del 18 gennaio 2012, precisando quindi che la notifica dell’accertamento della violazione e il decorso del termine di tre mesi per il versamento, ai fini della non punibilità, di quanto dovuto, non costituiscono una condizione di procedibilità dell’azione penale; e il decreto di citazione a giudizio è equivalente alla notifica dell’avviso di accertamento solo se, al pari di qualsiasi altro atto processuale indirizzato all’imputato, contenga gli elementi essenziali del predetto avviso.
La vicenda – La vicenda riguarda un datore di lavoro accusato di non aver versato all’INPS le ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti per il periodo maggio-novembre 2003.
Il sostituto d’imposta – In tema di versamento dei contributi, com’è noto, il datore di lavoro assume il ruolo di sostituto d’imposta, in quanto quest’ultimo è l’unico obbligato a versare, sia per la quota a proprio carico che per quella a carico dei lavoratori, il relativo contributo.
La sanzione – Sul versante sanzionatorio invece, è importante differenziare i casi di omesso versamento della quota a carico del datore di lavoro, e quelli omessi sulle ritenute applicate sulla retribuzione dei lavoratori dipendenti. Infatti, se nel primo caso scatta una semplice sanzione amministrativa, nel secondo si configura un’ipotesi di reato, punibile con la reclusione fino a tre anni e una multa fino a 1.033 euro. La differenza è sostanziale, in quanto in quest’ultimo caso si tratta di una appropriazione indebita, da parte del datore di lavoro, con riferimento alle somme prelevate (cioè non liquidate) dalla retribuzione dei lavoratori dipendenti.
La sentenza – In via preliminare, i giudici dispongono la “clausola di non punibilità” per i datori di lavoro che provvedono al versamento contributivo entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione. Pertanto, il datore non può essere condannato per l'omissione contributiva se non ha avuto la concreta possibilità di usufruire del termine di tre mesi per effettuare il versamento delle ritenute non pagate e far così scattare la causa di non punibilità. Infatti, la notifica del decreto di citazione a giudizio è da valutarsi equivalente alla notifica dell'avviso di accertamento della violazione, da parte dell'Ente previdenziale, solo se contiene gli elementi essenziali del predetto avviso. In conclusione, è regolare il pagamento delle somme nel corso del giudizio, qualora l'imputato non abbia ancora ricevuto notifica della contestazione previdenziale.