Premessa - Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in risposta all’interpello n. 43/2012, chiarisce che il diritto a fruire dei congedi straordinari per assistere i soggetti con grave disabilità può essere goduto da un soggetto diverso dal “titolare” solo in ragione delle ipotesi tassativamente indicate dal Legislatore, fra le quali rientra quella legata alla presenza di "patologie invalidanti”. In tal senso, pertanto, l’età avanzata del titolare del diritto non costituisce un requisito sufficiente per legittimare il godimento del congedo da parte di altri soggetti titolati.
Il quesito – L’ANCI ha avanzato richiesta d’interpello in merito all’applicazione dell’art. 42, c. 5, del D.Lgs. n. 151/2001 concernente il congedo del coniuge convivente per l’assistenza al soggetto portatore di handicap. In particolare, sono state chieste precisazioni in ordine alla corretta interpretazione della disposizione normativa su citata, nella parte in cui contempla le ipotesi di “mancanza, decesso, o […] presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente”, quali causali che legittimano la richiesta di fruizione del congedo in esame da parte di soggetti diversi dal coniuge stesso. A tal proposito, l’interpellante pone la questione afferente alla possibilità di considerare l’età avanzata del coniuge convivente – superiore agli 80 anni – quale fattispecie presuntiva di uno stato invalidante, ovvero se, anche in quest’ultima circostanza, sia comunque necessaria una certificazione medica attestante l’eventuale stato patologico.
La normativa – In via preliminare, il Ministero del Lavoro ha illustrato le disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 119/2011- attuativo dell’art. 23 c. 1, L. n. 183/2010 - il quale ha introdotto importanti modifiche alla disciplina in argomento sia in relazione ai soggetti possibili fruitori, che alle modalità di accesso all’agevolazione medesima. Nel dettaglio la norma stabilisce che “il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità […] ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell’art. 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, […]. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi”. Quanto alle patologie invalidanti, in presenza delle quali risulta possibile accordare il congedo, il Ministero del Lavoro chiarisce che bisogna attenersi alla casistica indicata dall’art. 2, c. 1, lett. d), del D.M. n. 278/2000.
Risposta del M.L.P.S. – Alla luce di quanto appena affermato, il Ministero del Lavoro sottolinea che la legge consente l’ampliamento della platea dei familiari legittimati a fruire del congedo di cui all’art. 42, c. 5, del D.Lgs. n. 151/2001, solo in presenza di una delle situazioni individuate dal medesimo decreto, comprovate da idonea documentazione medica. Ciò in quanto si ritiene che i soggetti affetti da tali patologie non siano in grado di prestare un’adeguata assistenza alla persona in condizioni di handicap grave. Quindi, il diritto a fruire dei congedi straordinari per assistere i soggetti con grave disabilità, può essere goduto da un soggetto diverso dal precedente “titolare” solo in ragione delle ipotesi tassativamente indicate dal legislatore, fra le quali rientra quella legata alla presenza di “patologie invalidanti”. Conseguentemente, l’età avanzata del titolare del diritto non costituisce un requisito sufficiente per legittimare il godimento del congedo da parte di altri soggetti titolati. D’altra parte, tale orientamento è confermato dalla circostanza secondo cui, laddove il legislatore ha inteso individuare il requisito anagrafico quale elemento utile al riconoscimento del diritto alla fruizione di permessi per assistere disabili, lo ha fatto espressamente, come nel caso dell’art. 33 della L. n. 104/1992.