2 settembre 2013

Contratti a termine. La parola chiave è “flessibilità”

Prorogabili i contratti a termine acausali sottoscritti anche prima dell’entrata in vigore del D.L. lavoro
Autore: Redazione Fiscal Focus

Premessa – Incentivati i contratti a termine. D’ora in poi, infatti, mediante una semplice intesa aziendale è possibile fissare ipotesi aggiuntive di ricorso a rapporti a termine senza causa, oltreché stabilire anche una durata maggiore di 12 mesi e la possibilità di stipularlo con lavoratori che hanno già avuto nel passato un rapporto di lavoro con l'azienda. Inoltre, è stata concessa la facoltà di proroga anche ai contratti sottoscritti prima dell'entrata in vigore del decreto (23 agosto 2013) e non ancora scaduti. A chiarirlo è il Ministero del Lavoro con una copiosa circolare per spiegare i contenuti del D.L. lavoro, convertito nella L. n. 99/2013, in materia di flessibilità in entrata e per fornire al personale ispettivo le prime indicazioni per un corretto operato.

Contratto a termine acausale – In via preliminare, è bene ricordare che il D.Lgs. n. 368/2001 consente l’assunzione a termine a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. Tuttavia, tale disposizione è stata resa più flessibile con la Riforma Fornero (L. n. 92/2012), introducendo una deroga ai suddetti vincoli in occasione del primo rapporto a termine di durata non superiore a dodici mesi, nonché nelle eventualità di una disciplina della contrattazione collettiva nazionale in tassative ipotesi (avvio nuova attività, lancio prodotti o servizi innovativi ecc.) e nel limite massimo del 6% dei lavoratori occupati. Ora, il decreto lavoro è intervenuto nuovamente sulla disciplina in argomento, stabilendo che le ragioni di carattere “tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” non sono richieste:
- nell’ipotesi del primo rapporto a tempo determinato, di durata non superiore a dodici mesi comprensivo di eventuale proroga, concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato sia nel caso di prima missione di un lavoratore nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato ai sensi dell’art. 20, c. 4, del D.Lgs. n. 276/2003;
- in ogni altra ipotesi individuata dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Da ciò ne derivano due conseguenze importanti: la durata massima di dodici mesi del contratto “acausale” è comprensiva di eventuale proroga; i contratti collettivi, anche aziendali, potranno prevedere, a titolo esemplificativo, che il contratto a termine “acausale” possa avere una durata maggiore di dodici mesi ovvero che lo stesso possa essere sottoscritto anche da soggetti che abbiano precedentemente avuto un rapporto di lavoro subordinato.

Retroattività – Altra novità importante riguarda un particolare aspetto retroattivo. Infatti, viene concessa la facoltà di proroga anche ai contratti sottoscritti (ma evidentemente non ancora scaduti) prima dell’entrata in vigore del D.L. e che rispetto agli stessi trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 368/2001 ad eccezione del requisito relativo alla “esistenza delle ragioni che giustificano l’eventuale proroga”.

Periodi cuscinetto – Tenuto conto dei c.d. “periodi cuscinetto” un contratto acausale potrà avere una durata massima di 12 mesi e 50 giorni, superati i quali si trasformerà in “normale” contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. L'applicazione dei periodi cuscinetto, precisa sempre il Ministero, è piena nel senso che comporta anche l'applicazione delle norme a favore dei lavoratori relative alle maggiorazioni retributive “per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20% fino al decimo giorno successivo” e “al 40% per ciascun giorno ulteriore”.

Stop&go – Quanto all’arco temporale intercorrente tra un’assunzione e l’altra, si torna alla regole previgente della riforma Fornero: 10 giorni (contratti inferiori a 6 mesi); 20 giorni (contratti superiori a 6 mesi). Quindi, per tutti i contratti a termine stipulati a partire dal 28 giugno 2013 (data di entrata in vigore della L. n. 99/2013) è sufficiente rispettare un intervallo di 10 o 20 giorni, anche se il precedente rapporto a tempo determinato è sorto prima di tale data. Infine, si chiarisce che il rispetto degli intervalli tra due contratti a termine, nonché quelle sul divieto di effettuare due assunzioni successive senza soluzioni di continuità, non trovano applicazione:
- nei confronti dei lavoratori impiegati nelle attività stagionali di cui al D.P.R. n. 1525/1963;
- in relazione alle ipotesi, legate anche ad attività non stagionali, individuate dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

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