20 luglio 2015

Contributi soci. Il focus dei CdL

La totalità dei redditi di impresa denunciati ai fini Irpef deve essere riferito esclusivamente all’impresa commerciale o artigiana

Autore: Redazione Fiscal Focus
Alla luce delle due sentenze gemelle emesse dalla Corte di Appello dell’Aquila (nn. 752 e 774/2015 del 25/06/2015), la Fondazione Studi CdL ha ritenuto opportuno predisporre all’interno della circolare n. 15/2015 due documenti operativi con cui opporsi alla rivendicazione da parte dell’INPS dei contributi previdenziali sui redditi da partecipazione a società di capitali. Un primo fac-simile è per la richiesta di rimborso per chi ha già pagato. Un secondo fac-simile è per il ricorso amministrativo avverso provvedimento di recupero dell'Inps, nell'ipotesi in cui lo stesso non si adeguasse all'indirizzo giurisprudenziale.

La normativa - La questione trae origine dall’art. 3-bis del D.L. 384/92 convertito dalla L. n. 438/1992, secondo il quale a decorrere dall'anno 1993, l'ammontare del contributo annuo dovuto dai soggetti iscritti alle gestioni dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali, titolari, coadiuvanti e coadiutori, è rapportato alla totalità dei redditi d'impresa denunciati ai fini IRPEF per l'anno al quale i contributi stessi si riferiscono. L’INPS, quindi, sostiene che i contributi vadano calcolati sulla somma (totalità) dei redditi derivanti (anche) dalla partecipazione in società di capitali, a prescindere dalla verifica dell’eventuale attività lavorativa nelle predette società ad opera del percipiente. In particolare, nella circolare n. 102/2013 viene precisato che “la quota di impresa della S.r.l. costituisce base imponibile ai fini che qui interessano sia allorché il socio sia tenuto all’iscrizione alle Gestioni degli artigiani e dei commercianti per l’attività svolta nella società a responsabilità limitata, sia allorché il titolo di iscrizione derivi dall’attività esercitata in qualità di imprenditore individuale o di socio di una società di persone, e ciò per effetto di quanto disposto dall’art. 3-bis della legge 438/1992”.

Posizione dei CdL
- Sul punto, diversa è la posizione dei CdL i quali sostengono che con la locuzione “totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF” non può che riferirsi, stante il chiaro richiamo, alla categoria del “reddito di impresa”.

La differenza fra le due tipologie reddituali è di palmare evidenza: mentre i redditi di capitale presuppongono la sola partecipazione al capitale o al patrimonio di una società, indipendentemente da qualsivoglia attività lavorativa, quelli di impresa presuppongono che il reddito derivi dal l’esercizio, per professione abituale, di una impresa; ergo: siano il frutto di una attività lavorativa.
Nella prima declinazione assurge ad elemento determinante il (solo) capitale; nella seconda (reddito di impresa) è l’esercizio abituale dell’attività a costituirne l’elemento peculiare.

Corte di Appello dell’Aquila - La sentenza n° 752 del 25.06.2015 della Corte di Appello dell’Aquila, nel confermare la sentenza n. 639 del 17.06.2014 emessa dal Tribunale di Pescare, respinge la pretesa dell’INPS, pretesa diretta ad assoggettare a contribuzione anche i redditi (di capitale) prodotti dal ricorrente per effetto della mera partecipazione in alcune società di capitali.

I Giudici distrettuali, infatti, hanno chiarito che la mera partecipazione – senza che corrispondesse la prestazione lavorativa all’interno delle società di capitali (confermando, altresì, il relativo onere probatorio in capo all’Inps) – non integrasse gli estremi previsti dalla norma per l’assoggettamento alla contribuzione previdenziale (commercianti) trattandosi, nella fattispecie, di redditi di capitale e non d’impresa. In sostanza, non può esserci obbligo contributivo (cui è collegata una prestazione previdenziale) in assenza di una prestazione lavorativa.

Conclusioni – Detto quanto sopra, la determinazione della base imponibile per il versamento dei contributi dovuti alla Gestione commercianti va effettuata mediante sommatoria di tutti i redditi di impresa (art. 55 del TUIR) percepiti – quale effetto del proprio lavoro – dal contribuente nell’anno di imposta.

Sul punto, i CdL si augurano che l’INPS provveda all’immediatamente acquisizione dell’interpretazione giurisprudenziale e che, per l’effetto, possa ritenersi superata la circolare n. 102/2003.
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