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Premessa - Il lavoratore che si sente discriminato in una procedura di assunzione, non ha diritto di accedere alle informazioni che precisano se il datore di lavoro, a seguito della procedura di assunzione, abbia assunto un altro candidato. Tuttavia, non è possibile escludere che il diniego di fornire qualunque accesso alle informazioni da parte di un convenuto possa costituire uno degli elementi da prendere in considerazione nell’ambito dell’accertamento dei fatti che consentono di presumere la sussistenza di una discriminazione diretta o indiretta. Spetta comunque al giudice del rinvio, valutando tutte le circostanze della controversia di cui è investito, verificare se ciò avvenga nella causa principale. Ciò è quanto afferma la Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza del 19 aprile 2012, che risolve la causa C-415/10.
La vicenda –La sentenza trae origine dalla vicenda che ha visto coinvolta una signora 50enne di origine russa, la quale, ritenendo di essere in possesso dei titoli di studio richiesti, ha risposto a due annunci di lavoro pubblicati da una società tedesca. Quest’ultima, però, respingeva entrambe le candidature senza mai averla mai convocata a un colloquio e senza fornirle una qualsivoglia indicazione concernente i motivi di tale rifiuto. A questo punto, reputando di aver subito un trattamento meno favorevole rispetto a un’altra persona in una situazione analoga in ragione del suo sesso, della sua età e della sua origine etnica, la donna si è quindi rivolta al Giudice tedesco chiedendo, in primo luogo, che tale società le versi un risarcimento per discriminazione nell’assunzione e, in secondo luogo, che essa esibisca il dossier del candidato assunto, circostanza che le consentirebbe di dimostrare di essere più qualificata di quest’ultimo. Tuttavia, sia il giudice di primo grado sia quello di secondo grado hanno respinto le richieste avanzate dalla donna. Quest’ultima, successivamente ha ritenuto opportunoavvalersi del terzo grado di giudizio, impugnando la sentenza dinnanzi la Corte federale del lavoro, la quale ha deciso di sospendere il procedimento e di rinviare la vicenda alla Corte dell’Unione Europea.
La sentenza –La Corte europea ricorda, dapprima, che il diritto dell’Unione Europea vieta qualsiasi discriminazione in materia di lavoro fondata sul sesso, età, origine etnica, in particolare, nell’ambito di una procedura di assunzione. Pertanto, incombe su colui che si ritenga leso dall’inosservanza del principio di parità di trattamento dimostrare, in un primo momento, i fatti che consentono di presumere l’esistenza di una discriminazione. Soltanto nel caso in cui questi abbia provato tali fatti, spetterà poi al convenuto, in secondo momento, dimostrare che non vi sia stata violazione del principio di non discriminazione. Ciò premesso, la Corte conferma poi la propria giurisprudenza secondo cuiil diritto dell’Unione Europea non prevede un diritto specifico, a favore di colui che si ritenga vittima di una discriminazione, di accedere a informazioni che gli consentano di dimostrare i fatti in base ai quali si può presumere che vi sia stata discriminazione. Tuttavia, resta il fatto che non può essere escluso il diniego di fornire informazioni da parte del convenuto, nell’ambito dell’accertamento dei fatti stessi, rischi di compromettere la realizzazione dell’obiettivo perseguito e, in particolare, di privare il diritto dell’Unione del proprio effetto utile.